domenica 6 dicembre 2015

Rimborsi chilometrici agli associati deducibili in misura ridotta

Secondo la Commissione provinciale di Treviso, occorre applicare la disciplina dell’art. 164 del TUIR anche a tali costi

Tempo fa ci siamo occupati, a seguito della segnalazione di colleghi, di alcuni accertamenti relativi alla deducibilità dei rimborsi chilometrici riconosciuti dallo studio professionale ai propri associati per l’utilizzo delle auto di proprietà degli associati medesimi.La questione ora sta approdando alle corti di merito e la Commissione tributaria provinciale di Treviso si è recentemente pronunciata sulla controversia (sentenza n. 10/8/15). Secondo i giudici trevigiani, nel caso in cui i singoli associati abbiano ricevuto il rimborso delle spese chilometriche, i relativi costi sono deducibili per lo studio associato nella misura prevista dall’art. 164 del TUIR, pari, all’epoca dei fatti, al 40%.A fondamento di tale assunto viene rilevato che “in virtù del principio sostanzialistico”, di fatto, era in essere un rapporto di comodato delle auto tra associati e associazione.La sentenza suscita perplessità per un duplice ordine di motivi.In primo luogo, sembra emergere una certa confusione tra il piano soggettivo dell’associato e quello dell’associazione. Non è questa la sede per approfondire una questione da tempo dibattuta (si veda la nota della FNC del 15 gennaio 2015), ma non vi è dubbio che lo studio associato sia un centro di imputazione di situazioni giuridiche distinte rispetto a quelle degli associati. Gli associati stanno allo studio professionale come i soci stanno alla società di persone che ribalta agli stessi per trasparenza il reddito, ma conserva una propria autonomia giuridica.Chiarito questo aspetto, il regime fiscale dei rimborsi chilometrici agli associati si deve ricavare dai principi generali di determinazione del reddito di lavoro autonomo e non dall’art. 164 del TUIR, perché i predetti beni rientrano nella sfera privata dell’associato e non sono in alcun modo riconducibili allo studio.È vero, come affermano i giudici di Treviso, che l’indennità chilometrica non è espressamente disciplinata dall’art. 54 comma 6 del TUIR, il quale, a ben vedere, non si occupa neppure dei rimborsi chilometrici dei dipendenti, dal momento che si riferisce alle sole spese di vitto e alloggio.Esiste però una regola generale che, nella determinazione del reddito di lavoro autonomo, consente la deducibilità dei costi a condizione che siano inerenti e documentati, a meno che altre regole del TUIR non dispongano diversamente.Quanto all’inerenza, dai fatti di causa emerge che lo studio associato aveva prodotto i documenti riepilogativi delle distanze e dei luoghi raggiunti dagli associati, consentendo di correlare il costo del viaggio all’attività svolta dai professionisti.A ben vedere, è proprio questo elemento che consente di giustificare sul piano sistematico la piena deducibilità dei rimborsi in esame.Nel caso delle auto di cui all’art. 164 del TUIR il legislatore ha forfettizzato l’inerenza presumendo che si tratti di beni per i quali l’utilizzo professionale si accompagna anche a quello personale (ris. Agenzia delle Entrate n. 190/2007).Nel caso in esame, invece, stiamo parlando di costi relativi a spostamenti che hanno esclusiva finalità lavorativa, per i quali non sarebbe corretto dedurre parzialmente dei costi, pena la violazione del principio costituzionale di capacità contributiva.Prevedendo una simile obiezione, la Commissione tributaria sostiene che, di fatto, era in essere un rapporto di comodato tra associati e associazione.Per poter affermare ciò non sembra però sufficiente il mero utilizzo del bene, ma bisognerebbe dimostrare che, almeno il carburante, è stato a carico dello studio associato, dal momento che, ai sensi dell’art. 1808 c.c., il comodatario non ha diritto al rimborso delle spese sostenute per servirsi della cosa.Non è escluso che nella decisione abbia influito la suggestione che, così operando, lo studio avrebbe “aggirato” la norma sulla deducibilità parziale dei costi relativi all’auto.In realtà, come si è detto, un conto è dedurre parzialmente tutti i costi di un veicolo (anche quando lo si utilizza in vacanza), un conto è dedurre le somme rimborsate per una specifica trasferta. In un caso la deducibilità parziale può avere un senso, nell’altro caso no.Senza dimenticare che l’acquisto delle autovetture direttamente da parte di uno studio associato può creare problemi di natura gestionale e, per certi aspetti, relazionale tra i soci.Se non c’è identità di vedute su quanto spendere per un bene che si presta anche ad un utilizzo personale, è meglio che ognuno scelga l’auto che preferisce, ne sostenga i costi (ovviamente fiscalmente irrilevanti) e chieda il rimborso dei chilometri percorsi quando utilizza l’auto per andare a trovare i clienti.Non è detto che questa soluzione sia quella fiscalmente più conveniente, atteso che, con l’intestazione diretta del veicolo allo studio, l’IVA sarebbe parzialmente detraibile.