domenica 20 dicembre 2015

LOCAZIONI: Mini canoni in cerca del «salvataggio»

Con un emendamento alla legge di stabilità il legislatore prova a reinserire la disciplina dichiarata incostituzionale

Un emendamento al Ddl. di stabilità riporta in auge i “mini canoni” di locazione (pari al triplo della rendita catastale) che erano stati pagati dai conduttori che avevano registrato contratti “in nero” facendo applicazione della disciplina recata dall’art. 3 commi 8-9 del DLgs. 23/2011, poi dichiarata incostituzionale dalla sentenza n. 50/2014 della Consulta.

L’avvicendamento di norme e pronunce di incostituzionalità rende opportuno un breve riassunto della vicenda.
Tutto è cominciato quando, allo scopo di incentivare i conduttori a registrare i contratti di locazione “in nero”, l’art. 3 comma 8 del DLgs. 23/2011 ha previsto che, in ipotesi di registrazione del contratto di locazione non precedentemente registrato nei termini, dovesse trovare applicazione una disciplina molto favorevole per il conduttore, secondo la quale il contratto di locazione avrebbe avuto durata di 4 anni, dal momento della registrazione, con rinnovo tacito di altri 4 anni, e il conduttore avrebbe dovuto pagare un canone di locazione pari solo al triplo della rendita catastale, tenendo conto dell’aggiornamento ISTAT solo dal secondo anno.

Tale disposizione, tuttavia, viene dichiarata incostituzionale per eccesso di delega con la sentenza n. 50/2014 (si veda “Incostituzionali le sanzioni «indirette» per le locazioni non registrate” del 15 marzo 2014).
La dichiarazione di incostituzionalità, tuttavia, crea alcune difficoltà in relazione ai contratti di locazione registrati sulla base della norma abrogata: infatti, il conduttore aveva pagato un canone inferiore a quello contrattuale, sicché risultava inadempiente, perché la norma che legittimava tale misura del canone era ormai abrogata.

Poco dopo, il legislatore, con l’art. 5 comma 1-ter del DL 47/2014 (conv. L. 80/2014), ha introdotto una previsione di “salvezza” dei rapporti scaturiti dai contratti di locazione “regolarizzati” ex art. 3 comma 8 del DLgs. 23/2011, facendo “salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti”, fino al 31 dicembre 2015. 

Ma anche questa  norma è stata dichiarata incostituzionale con la sentenza 16 luglio 2015 n. 169, perché in contrasto con l’art. 136 Cost., in quanto è da escludere che il legislatore possa “salvare” gli effetti della disposizione dichiarata incostituzionale, ponendo nel nulla, in tal modo, gli effetti della pronuncia di incostituzionalità (“Incostituzionale la norma che salva i «mini canoni» fino al 31 dicembre 2015” del 17 luglio 2015).

Chi ha pagato il canone ridotto risulta inadempiente

Il problema dei canoni pagati dai conduttori nel periodo intercorrente tra il 7 aprile 2011 e il 16 luglio 2015, tuttavia, resta.

Per questo motivo, il legislatore torna ad occuparsi della questione con un emendamento alla legge di stabilità.
A norma della nuova disposizione, per i conduttori che, nel periodo intercorrente tra il 7 aprile 2011 (data di entrata in vigore del DLgs. 14 marzo 2011 n. 23) e il 16 luglio 2015 (data della pronuncia della Corte Costituzionale n. 169/2015), hanno versato il canone di locazione nella misura “ridotta” disposta dall’art. 3 comma 8 del DLgs. 23/2011, l’importo del canone dovuto (ovvero dell’indennità di occupazione maturata), su base annua, è pari al triplo della rendita catastale.

In poche parole, quindi, il legislatore “riabilita” i mini canoni dichiarati incostituzionali, limitatamente al periodo in cui essi sono stati corrisposti.