lunedì 1 febbraio 2016

Cessione INTRA se il bene lavorato non torna in Italia

Assonime ha fornito chiarimenti sul nuovo regime delle lavorazioni in ambito intraUe

Con la circolare n. 2/2016, pubblicata nella giornata di ieri 1° febbraio 2016, Assonime ha affrontato alcune questioni relative alla nuova disciplina IVA dei trasferimenti di beni tra l’Italia e gli altri Stati della Ue, per l’effettuazione di perizie o lavorazioni.

L’art. 13 della L. 115/2015 (in vigore dal 18 agosto 2015), modificando gli artt. 38 e 41 del DL 331/93, ha infatti ricompreso nel regime IVA degli scambi intracomunitari:
- le introduzioni in Italia di beni provenienti da altro Stato membro, poste in essere da un soggetto passivo IVA in tale Stato solo “qualora il bene, al termine della perizia o dei lavori, sia rispedito al soggetto passivo nello Stato membro a partire dal quale era stato inizialmente spedito o trasportato”;
- i trasferimenti di beni dall’Italia ad altro Stato membro, poste in essere da un soggetto passivo IVA italiano, solo “se i beni sono successivamente trasportati o spediti al committente soggetto passivo d’imposta, nel territorio dello Stato”.

Le modifiche susseguono alla sentenza Dresser Rand della Corte di Giustizia Ue (cause riunite nn. C-606/12 e C-607/12 del 6 marzo 2014), secondo la quale i trasferimenti di beni in ambito intraUe sono irrilevanti ai fini dell’IVA solo se i beni inviati in un altro Stato membro per ivi essere sottoposti a perizie o lavorazioni sono poi restituiti al committente nello Stato membro di partenza.

In precedenza, la disciplina IVA italiana – contrariamente a quanto disposto a livello comunitario – escludeva dal novero delle cessioni intracomunitarie l’invio di beni in un altro Stato membro per la lavorazione, a prescindere dal fatto che questi fossero poi oggetto di restituzione al committente. Lo stesso dal lato passivo, esulando dalla disciplina degli acquisti intracomunitari (soggetti ad IVA in Italia) le introduzioni nel territorio dello Stato di beni per essere lavorati, anche se successivamente inviati per conto del committente in un altro Stato Ue o al di fuori della Ue.

La nuova disciplina, introdotta con L. 115/2015 (e non ancora oggetto di chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate), secondo l’interpretazione di Assonime risulterebbe applicabile a decorrere dal 1° gennaio 2016.
Sebbene la L. 115/2015 sia stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 3 agosto 2015 (e, quindi, in vigore dal 18 agosto), essa non prevede una specifica data di decorrenza per le modifiche di cui all’art. 13 in questione. Per cui, secondo Assonime, vale il principio di cui all’art. 3 comma 1 della L. 212/2000, in base al quale relativamente ai tributi periodici (tra cui l’IVA) “le modifiche introdotte si applicano solo a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizione che le prevedono”.

Assonime, con la circolare n. 2/2016, fornisce anche alcune indicazioni nel merito della nuova disciplina.
In particolare, viene chiarito che i criteri di tassazione individuati dai novellati artt. 38 e 41 del DL 331/93 valgono anche nelle ipotesi in cui, per sopravvenute esigenze commerciali, venga modificata la destinazione finale dei beni trasferiti in un altro Stato membro rispetto a quanto originariamente previsto.

Nel caso, ad esempio, di beni inviati dall’Italia in Francia per perizia o lavorazione destinati ad essere restituiti al committente in Italia, se i beni – successivamente alla perizia o lavorazione – sono inviati in un altro Stato Ue (es. Germania) o al di fuori della Ue (es. Russia), o ceduti in Francia, viene a concretizzarsi ex post una cessione intracomunitaria non imponibile IVA in Italia (con i relativi obblighi e adempimenti).
Viceversa, nella circostanza in cui alcuni beni, introdotti in Italia per essere sottoposti a perizie o lavorazioni per essere restituiti al committente nello Stato Ue di provenienza, siano invece inviati in un diverso Stato membro o al di fuori della Ue, l’originario mero trasferimento di beni non soggetto ad IVA assume natura di “acquisto intracomunitario” soggetto ad imposta in Italia.

Il principio affermato discende dal disposto dell’art. 17, par. 3, della direttiva 2006/112/CE. Tale norma (non espressamente recepita nel nostro ordinamento) stabilisce che, qualora una delle condizioni in base alla quale la movimentazione intraUe non configura(va) operazione rilevante ai fini del tributo non sia più soddisfatta, il bene si considera trasferito a destinazione di uno Stato membro. E quindi, l’operazione intracomunitaria (acquisto o cessione) assume rilevanza nel momento in cui la descritta condizione “cessa di essere soddisfatta”.