martedì 31 dicembre 2019

Iscrizione al VIES e INTRASTAT vendite per le cessioni intra-Ue

Le modifiche apportate alla formulazione dell'art. 138 della direttiva 2006/112/Ce, ad opera della direttiva 2018/1910/Ce, hanno natura sostanziale e sono volte, in attesa che sia istituito il regime definitivo degli scambi nel territorio dell'Unione, ad introdurre condizioni più stringenti perché un'operazione possa qualificarsi come cessione intra-Ue di beni e possa beneficiare del regime di non imponibilità IVA nello Stato membro di origine, ciò al fine di contenere le frodi IVA ed gli altri fenomeni elusivi.

In sintesi, a decorrere dal 1° gennaio 2020, perché sia riconosciuto il regime di favore è necessario siano integrati cinque – e non più quattro – presupposti:
- l'operazione ha ad oggetto beni mobili materiali spediti o trasportati dal venditore o dall'acquirente o da terzi per loro conto da uno Stato membro ad un altro (requisito territoriale);- l'operazione ha luogo tra un cedente soggetto passivo nello Stato membro in cui la spedizione o il trasporto dei beni ha inizio e un cessionario soggetto passivo (o ente non soggetto passivo) che agisce in quanto tale in uno Stato membro diverso da quello in cui ha origine la movimentazione dei beni; secondo le nuove disposizioni, inoltre, l'acquirente è tenuto a comunicare al cedente il proprio numero identificativo IVA (requisito soggettivo);
- l'accordo tra le parti prevede il trasferimento del diritto di proprietà su beni mobili materiali (requisito della proprietà);
- l'accordo tra le parti è a titolo oneroso (requisito dell'onerosità);
- il cedente provvede a presentare l'elenco riepilogativo delle cessioni intra-Ue, riportando le informazioni riguardanti l'operazione posta in essere, secondo il disposto degli artt. 262 e ss della Direttiva 2006/112/CE (requisito "comunicativo").

Ne segue che due adempimenti ritenuti nel passato formali assurgono adesso a requisiti sostanziali: l'iscrizione dell'acquirente nell'archivio del sistema VIES da cui scaturisce, al contempo, l'obbligo posto a carico di quest'ultimo di comunicare alla controparte il numero identificativo IVA e l'obbligo posto a carico del cedente di verificare (conservandone prova) l'esistenza dell'iscrizione e la correttezza del dato comunicato; la presentazione da parte del cedente degli elenchi riepilogativi delle cessioni intra-Ue in maniera (completa e) corretta.

Come si legge anche nelle Note esplicative della Commissione europea "2020 Quick Fixes", la nuova formulazione dell'art. 138 della direttiva 2006/112 non richiede che il numero di identificazione IVA sia rilasciato al cessionario dall'autorità fiscale dello Stato membro di destinazione dei beni; è infatti sufficiente che si tratti di una identificazione IVA attribuita da uno Stato membro diverso dal quello di origine dei beni.

Quanto alla forma e al contenuto della comunicazione tra le parti, questa non è specificatamente individuata dal legislatore unionale; tuttavia, il fatto che la fattura emessa dal cedente riporti il numero di partita IVA dell'acquirente porterebbe a concludere che la comunicazione sia avvenuta.

Osservando il nuovo dettato da una diversa angolazione, si può concludere che il regime di non imponibilità per le cessioni intra-Ue di beni non è applicabile al verificarsi anche solo di uno dei seguenti casi:
- il cessionario comunica, quale proprio numero identificativo IVA, quello rilasciato dallo Stato membro in cui ha inizio la spedizione o il trasporto dei beni;
- il cedente riceve dal cessionario l'indicazione di un numero di partita IVA che non risulta dal database VIES;
- il cedente non ha presentato l'elenco riepilogativo INTRASTAT o lo ha presentato riportando dati non corretti, salvo che egli possa giustificare l'inadempimento secondo modalità ritenute soddisfacenti dalle autorità competenti (e.g. secondo le Note esplicative, il cedente dimostra di avere incluso l'operazione nel listing del mese successivo per puro errore materiale, etc.).
In tali circostanze, non essendosi verificati tutti i presupposti prescritti, l'operazione sarebbe da assoggettare ad imposta secondo la normativa vigente nello Stato membro di origine del bene.

Il legislatore nazionale non ha ancora provveduto a recepire nell'ordinamento interno le richiamate disposizioni. Tuttavia, considerato che le disposizioni contenute nella direttiva appaiono sufficientemente dettagliate da consentirne la diretta applicazione, le regole armonizzate dovrebbero considerarsi efficaci, ai fini IVA in Italia, anche in assenza di formale recepimento interno (in senso difforme si veda Assonime, circ. n. 29/2019).

Si ricorda, a tal proposito, che l'Agenzia delle Entrate storicamente aveva ritenuto l'iscrizione all'archivio VIES requisito a carattere sostanziale per l'applicazione del regime di non imponibilità e che solo in occasione del Videoforum del 23 gennaio 2019 ha mutato determinazione pronunciandosi in maniera conforme all'opposto orientamento della Corte di Giustizia Ue, consolidatosi nel tempo.



Dott. Aldo Rossi

venerdì 27 dicembre 2019

Sanzioni penali più gravi per gli evasori

Tra gli accesi dibattiti e le aspre critiche, soprattutto da parte del mondo delle imprese, la L. di conversione 19 dicembre 2019 n. 157 ha confermato – con alcune modifiche – anche gli interventi di diritto penale contenuti nell’art. 39 del DL 124/2019. Si è già detto come, dall’esame finalizzato alla conversione in legge, l’inasprimento delle pene sia stato attenuato per le condotte non caratterizzate da fraudolenza, per le quali è stata anche esclusa la confisca “di sproporzione” o “allargata”, mentre è stata consentita, per tali condotte fraudolente, l’applicazione della causa di non punibilità in caso di integrale pagamento del debito tributario (si vedano “Mano dura sulle frodi, ritocchi penali per dichiarazione omessa o infedele” e “Cambiano i limiti per la confisca per sproporzione nei reati tributari” del 3 dicembre scorso).Per quanto riguarda i reati tributari, si assiste dunque a un parziale aggravamento delle sanzioni e/o delle soglie di rilevanza penale, secondo il proclamato slogan delle “manette agli evasori”.

 

Sintetizzando: per la dichiarazione fraudolenta con fatture false (art. 2) e per l’emissione di tali fatture (art. 8) viene confermato l’innalzamento delle attuali pene a un minimo di 4 e un massimo di 8 anni di reclusione se l’imposta evasa supera i 100.000 euro (mentre resta il limite da un anno e sei mesi a sei anni se inferiore a tale importo); confermato anche l’innalzamento delle pene a un minimo di 3 e un massimo di 8 anni di reclusione, rispetto all’attuale minimo di 1,5 e massimo di 6 anni per la dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3); viene portata a 100.000 euro la soglia per la dichiarazione infedele (art. 4) e viene prevista per tale delitto la reclusione da 2 a 4,5 anni; per l’omessa dichiarazione (art. 5) l’aumento delle pene sarà da un minimo di 2 a un massimo di 5 anni di reclusione, mentre per l’occultamento e distruzione di documenti contabili (art. 10) il minimo sarà di 3 e il massimo di 7 anni.Appare viceversa improntata a un’ottica di una maggiore collaborazione tra Fisco e contribuente l’estensione anche ai delitti di dichiarazione fraudolenta della causa di non punibilità del pagamento del debito tributario di cui all’art. 13 comma 2 del DLgs. 74/2000, introdotta dalla riforma del DLgs. 158/2015.È confermata la previsione della c.d. confisca “di sproporzione” o “allargata” nel nuovo art. 12-ter del DLgs. 74/2000 che, a sua volta, richiama l’art. 240-bis c.p.

Tale provvedimento, destinato a incidere sui beni e sulle utilità che risultino sproporzionati rispetto al reddito dichiarato (o alla propria attività economica) di cui il condannato non riesca a giustificare la provenienza, troverà applicazione per il reato di dichiarazione fraudolenta per operazioni inesistenti, quando l’ammontare degli elementi passivi fittizi è superiore a 200.000 euro; per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, se l’imposta evasa supera i 100.000 euro; per il delitto di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, quando l’importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti risulta superiore a 200.000 euro; per la sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11 comma 1), qualora l’ammontare di imposte, sanzioni e interessi sia superiore a 100.000 euro;  infine, per la fattispecie di cui all’art. 11 comma 2 (indicare nella documentazione presentata ai fini della procedura di transazione fiscale elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi fittizi per un ammontare complessivo superiore a 50.000 euro), qualora l’ammontare degli elementi attivi inferiori a quelli effettivi o degli elementi passivi fittizi sia superiore a 200.000 euro.

In modo altrettanto dirompente, il catalogo dei reati presupposto per la responsabilità degli enti di cui al DLgs. 231/2001 viene arricchito di un nuovo art. 25-quinquiesdecies, rubricato “Reati tributari”, che ricomprende non solo la dichiarazione fraudolenta mediante fatture false (art. 2 del DLgs. 74/2000)  come previsto del decreto originario, ma anche la dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3), l’emissione di fatture per operazioni inesistenti (art. 8), l’occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10) e la sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (art. 11).Le sanzioni pecuniarie corrispondenti variano tra un massimo di quattrocento e cinquecento quote (ricordando che una quota va da un minimo di 258 euro a un massimo di 1549 euro).In caso di profitto di rilevante entità, la pena pecuniaria dell’ente viene aumentata di un terzo.Inoltre, a differenza di quanto inizialmente stabilito, in relazione agli illeciti tributari sono previste anche le sanzioni interdittive del divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione, l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e il divieto di pubblicizzare beni o servizi.Va comunque sottolineato che per tutte queste disposizioni vige il principio della irretroattività ai sensi dell’art. 2 c.p., salvo il favor rei nel caso di norme più favorevoli come quella sulla causa di non punibilità.