venerdì 26 febbraio 2016

La delega sul conto corrente rende ammissibile il sequestro

Per la Cassazione la titolarità di una delega che non prevede limitazioni configura la nozione di «disponibilità» richiesta

La giurisprudenza torna ad occuparsi del concetto di “disponibilità” connesso al sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente.
La Cassazione – con sentenza n. 7553 del 25 febbraio 2016 – si interroga se la titolarità di una delega ad operare su un conto corrente bancario intestato ad altri possa configurare l’ipotesi di “disponibilità” richiesta dall’art. 322-ter c.p., esteso ai reati tributari dall’art. 1 comma 143 della L. 244/2007, a sua volta oggi abrogato e sostituito da quanto previsto all’art. 12-bis del DLgs. 74/2000.

Tale ultimo articolo 12-bis si rifà proprio alla normativa penale sul sequestro e prevede che nel caso di condanna, o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’art. 444 c.p.p., per uno dei delitti tributari, sia sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto.

Nel caso di specie si trattava di una contestazione per omesso versamento di ritenute ex art. 10-bis del DLgs. 74/2000 avverso la legale rappresentante di una srl, che aveva omesso di provvedere al versamento delle ritenute alla fonte. In forza di tale contestazione, era stato disposto il sequestro preordinato alla confisca per equivalente anche su un conto corrente bancario intestato alla società, su cui l’indagata disponeva di una delega ad operare.
Tale società rimaneva, di per sé, estranea al fatto di reato, anche in virtù della circostanza per cui i reati tributari sono esclusi dagli illeciti-presupposto della responsabilità degli enti ex DLgs. 231/2001.

La difesa della srl ha proposto ricorso avverso il provvedimento di sequestro, in particolare sostenendo che, per affermare la disponibilità in capo alla legale rappresentante, sarebbe stato necessario dimostrare, oltre al potere di fatto, anche la discrasia fra la disponibilità sostanziale e l’intestazione formale del conto, attraverso una valutazione, anche probabilistica, circa il carattere meramente fittizio dell’intestazione alla società stessa.
In tal senso, la semplice esistenza di una delega, senza alcuna precisazione sul suo contenuto, sarebbe stata insufficiente, e la pubblica accusa non avrebbe assolto l’onere di accertarne la consistenza.

La Cassazione respinge tali argomentazioni, orientandosi nel senso che la titolarità di una delega ad operare su di un conto corrente bancario intestato ad altri configura indubbiamente la nozione di “disponibilità” richiesta ai fini della ammissibilità del sequestro finalizzato alla confisca per equivalente (cfr. Cass. n. 38694/2014).
Tale affermazione è avvalorata, in particolare, laddove la delega non preveda limitazioni, nel senso che il delegato sia autorizzato ad operare incondizionatamente (cfr. Cass. n. 1560/2014). Nel caso di specie, infatti, era stata oggetto dell’accertamento di fatto del giudice di prime cure la circostanza dell’esistenza di una delega ad operare senza limitazioni e a compiere su quel conto “operazioni, sia in entrata che in uscita”.

Conta il potere di utilizzo di fatto

Pertanto, la procura speciale o delega ad operare conferita all’indagata sarebbe stata in astratto idonea ad attribuire a quest’ultima un potere dispositivo illimitato sull’intero capitale depositato, non essendo formalizzate delle concrete modalità di esercizio della stessa entro i limiti delle esigenze proprie della società intestataria (quali, ad esempio, il prelievo periodico di pensioni, il pagamento di imposte facenti capo alla persona giuridica, ecc.).
In altre parole, ciò che rileva, secondo la Cassazione, è il potere di utilizzo di fatto che, nel caso di specie, secondo quanto accertato dal giudice di merito, è pieno.

Come ricordato da parte della giurisprudenza richiamata dalla presente sentenza, per “disponibilità” deve intendersi la relazione effettuale del soggetto con il bene, connotata dall’esercizio dei poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietà.
Essa coincide, pertanto, con la signoria di fatto sulla “res” indipendentemente dalle categorie delineate dal diritto privato, riguardo al quale il richiamo più appropriato sembra essere quello riferito al possesso nelle definizioni che ne dà l’art. 1140 c.c. (cfr., tra le altre, Cass. n. 22153/2013).