domenica 7 febbraio 2016

Collaborazioni senza presunzione di subordinazione più ampie nello sport

Beneficiano dell’esclusione non solo le associazioni sportive dilettantistiche, ma anche il CONI e le Federazioni sportive nazionali

Il Ministero del Lavoro, con l’interpello n. 6/2016, interviene, ancora una volta, su un argomento tra i più delicati tra quelli contenuti nel DLgs 15 giugno 2015 n. 81, relativo alle collaborazioni organizzate dal committente.

Il quesito arriva sia dall’ANCL che dal CONI e si concentra sulla portata del comma 2 dell’art. 2 del DLgs. 81/2015, con riferimento alla possibilità di comprendere, nelle ipotesi di esclusione previste alla lettera d) della norma, non solo le associazioni sportive dilettantistiche ma anche lo stesso CONI, le Federazioni sportive nazionali, le discipline associate e gli Enti di promozione sportiva riconosciuti.

Infatti, a decorrere dal 1° gennaio 2016 le collaborazioni, di qualsiasi natura, sia quelle coordinate e continuative ai sensi del 409 c.p.c., sia quelle con titolari di partita IVA, sono soggette alla disciplina del lavoro subordinato se connotate, oltre che da personalità e continuità, anche da etero-organizzazione, quando le modalità di esecuzione sono determinate dal committente, anche con riferimento ai tempi ed al luogo di lavoro.

Con la previsione del successivo comma 2, che riecheggia l’abrogato art. 61, comma 3, vengono annoverate una serie di esclusioni dall’applicabilità della predetta disciplina.
Tra le ipotesi contemplate, alla lettera d) il legislatore ricomprende, come in passato, i rapporti e le attività di collaborazione coordinata e continuativa, comunque rese e utilizzate a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche, affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva, riconosciuti dal CONI come individuati e disciplinati dall’art. 90 della legge 27 dicembre 2002 n. 289.

Alla luce del quadro normativo sintetizzato, il Ministero si chiede se nell’ambito dell’art. 2 comma 2 lett. d) sia possibile operare un’estensione a favore anche di altri enti, primo fra tutti lo stesso CONI.
La riposta affermativa fornita con l’interpello n. 6/2016 prende spunto da quanto previsto dall’art. 67, comma 1, lett. m) del TUIR come modificato dall’art. 90, comma 3, della legge n. 289/2002, in materia di redditi diversi. L’interpello sottolinea l’accezione ampia con la quale la disposizione in questione, nel qualificare i redditi diversi, ha compreso quelli erogati nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche non solo dal CONI, dalle Federazioni sportive nazionali, dagli enti di promozione sportiva, ma anche da qualunque organismo, comunque denominato, che persegua finalità sportive dilettantistiche e che da essi sia riconosciuto.

Lo stesso Ministero ricorda la valenza sociale svolta da questi enti, tanto da meritare un’estensione del regime agevolato di cui allo stesso articolo 67 del TUIR per effetto dell’art. 35 comma 6 del DL 30 dicembre 2008 n. 207, convertito dalla Legge 27 febbraio 2009 n. 14.

Aderendo ad una volontà onnicomprensiva del legislatore, l’interpello conclude per estendere i confini dell’art. 2 comma 2 lett. d) anche al CONI, alle Federazioni sportive nazionali, alle discipline associate ed agli Enti di promozione sportiva riconosciuti, escludendo, pertanto, nei loro confronti l’operatività del comma 1 del medesimo art. 2.

Per completezza argomentativa, giova sottolineare che, se pur nei confronti delle collaborazioni avviate dagli enti in parola non opera la “presunzione” prevista dal comma 1, non si può, tuttavia, escludere che, ove siano rinvenibili gli indici della etero direzione, la prestazione ben potrebbe essere soggetta alla disciplina della subordinazione, direttamente in virtù delle norme generali.

Secondo quanto rammentato dalla circolare del Ministero del Lavoro n. 3/2016, anche rispetto a tali collaborazioni rimane, infatti, astrattamente ipotizzabile la qualificazione del rapporto in termini di subordinazione, laddove tuttavia non sarà sufficiente verificare una etero-organizzazione del lavoro, ma una vera e propria etero-direzione ai sensi dell’art. 2094 c.c.. Ciò in virtù di quanto espressamente previsto dalla giurisprudenza in ordine alla “indisponibilità della tipologia contrattuale” (cfr. Corte Cost. n. 121/1993 e n. 115/1994) e in ragione del fatto che le stesse costituiscono delle eccezioni all’applicazione del solo regime di cui al comma 1 dell’art. 2