giovedì 25 febbraio 2016

Nel trasferimento d'azienda il cedente non è liberato dai debiti contributivi

 

Il cessionario non risponde dei debiti nei confronti degli enti di previdenza contratti dall’alienante in quanto non opera la solidarietà ex art. 2112 c.c.

In caso di trasferimento d’azienda, i debiti contratti dalla parte cedente nei confronti degli istituti previdenziali per omessi versamenti contributivi, ed esistenti al momento della cessione, restano soggetti alla disciplina ex art. 2560 c.c., ai sensi della quale l’alienante non è liberato dai debiti inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta, sorti prima del trasferimento.
Questo principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 3646 depositata ieri, precisando ulteriormente che, in tal caso, non può operare l’estensione di responsabilità all’acquirente prevista dal comma 2 dell’art. 2112 c.c.

Nel caso in esame, veniva confermata in sede d’appello la decisione di primo grado con cui il Tribunale di Roma aveva respinto l’opposizione proposta da una società editrice avverso il decreto ingiuntivo emesso in suo danno e relativo a debiti per mancati versamenti contributivi all’INPGI, contratti in precedenza da una società in seguito “acquisita” dalla ricorrente tramite trasferimento d’azienda.

In particolare, i giudici d’appello osservavano che sebbene il titolo del credito fosse costituito da un giudicato intervenuto tra la società ceduta e l’INPGI precedentemente al trasferimento, la circostanza che la sentenza di condanna fosse stata pronunciata successivamente alla cessione dell’azienda valeva a rendere l’acquirente successore a titolo particolare nel diritto controverso e dunque legittimato passivo della pretesa creditoria dell’Istituto previdenziale.

Avverso la sentenza d’appello, la società editrice ricorre per Cassazione lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 2112 e 2560 c.c., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per avere la Corte territoriale ritenuto che a fondare la sua responsabilità per i debiti contributivi ante trasferimento bastasse la circostanza dell’avvenuta cessione dell’azienda durante il processo conclusosi con la sentenza che aveva condannato la società cedente a pagare all’INPGI i contributi in questione.

Per i giudici di Cassazione, il motivo proposto nel ricorso è da ritenersi fondato, in quanto la stessa giurisprudenza di legittimità ha già affermato che in caso di trasferimento di azienda, i debiti contratti dall’alienante nei confronti degli istituti previdenziali per l’omesso versamento dei contributi obbligatori, ed esistenti al momento del trasferimento, costituiscono debiti inerenti all’esercizio dell’azienda e restano soggetti alla disciplina dettata dall’art. 2560 c.c., senza che possa operare l’automatica estensione di responsabilità all’acquirente prevista dal comma 2 dell’art. 2112 c.c..

La solidarietà non è estesa ai crediti di terzi come gli enti previdenziali

Sul punto, nella sentenza in esame si precisa, altresì, che la tale solidarietà è limitata ai soli crediti di lavoro del dipendente e non è estesa ai crediti di terzi, quali devono ritenersi gli enti previdenziali, e che il lavoratore non ha diritti di credito verso il datore di lavoro per l’omesso versamento dei contributi obbligatori (salvo quello puramente eventuale relativo al risarcimento dei danni nell’ipotesi prevista dal comma 2 dell’art. 2116 c.c.), essendo estraneo al cosiddetto rapporto contributivo, che intercorre fra l’ente previdenziale e il datore di lavoro.

Al contrario, la Corte d’Appello ha invece erroneamente ritenuto che il trasferimento d’azienda intervenuto durante lo svolgimento della causa valesse di per sé a rendere operante la disciplina di cui all’art. 111 c.p.c., relativa alla successione a titolo particolare nel diritto controverso.