È frequente leggere sulle vetrine dei negozi “Tax free shopping”. Si tratta, come forse è noto, di un sistema di rimborso dell’IVA (o se si preferisce di sgravio) concesso “ai turisti” di provenienza extra -UE.
Il sistema del “tax free” è una modalità di applicazione del principio generale, di fonte comunitaria, di cui all’art. 38-quater del DPR n. 633/1972.
Nel seguito si esaminano gli aspetti operativi della disciplina di sgravio. L’art. 38-quater prevede che un soggetto residente o domiciliato in un Paese extra UE che effettua acquisti direttamente e personalmente di importo superiore ad una determinata soglia per uso personale e familiare può:
¨ non pagare l’IVA;
¨ pagarla ed essere rimborsato;
a condizione, però, che rispetti talune formalità che consentano di provare che i beni sono effettivamente usciti dal territorio dell’UE (e quindi non solo dell’Italia) entro 3 mesi dalla data di acquisto.
Ambito soggettivo
La procedura di “sgravio” è ammessa solo se il cliente è:
¨ una persona fisica;
¨ residente o domiciliato in paese extra-UE.
È quindi fondamentale che il cliente sia un privato cittadino non titolare di un codice o numero di identificazione IVA nel suo Paese.
È evidente che la procedura si applica anche nel caso in cui il soggetto abbia nel proprio Paese un codice IVA, ma acquista in Italia come privato. È il caso, ad esempio, di un commerciante giapponese che in vacanza in Italia acquista dei vestiti da regalare ai suoi familiari. Se all’atto dell’acquisto, il commerciante non si qualifica come imprenditore, ma come privato cittadino, si applica la procedura di “sgravio” in commento, salvo che l’operazione venga riqualificata perché è evidente che l’acquisto è di natura commerciale.
Il cliente poi deve avere, alternativamente, la residenza o il domicilio fuori dalla UE. Quindi, può trattarsi di:
¨ cliente residente e domiciliato fuori dalla UE;
¨ cliente residente in Paese UE, ma domiciliato fuori dalla UE;
¨ cliente domiciliato in un Paese UE, ma residente fuori dalla UE.
Da quanto sopra, emerge che la disciplina in esame si applica anche per i soggetti residenti in Italia, ma che sono domiciliati, ad es., negli USA. Si pensi, all’italiano che vive ed ha domicilio per lavoro negli USA.
Per individuare il territorio non della UE occorre procedere per esclusione rispetto a tutti i territori che invece ne fanno parte. Il territorio della UE è definito dal trattato istitutivo della CEE del 25 marzo 1957 e dalle modifiche successive resesi necessarie per l’adesione di nuovi Paesi.
Ad oggi, il territorio della UE è formato dai seguenti Paesi:
¨ Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi (dal 1952);
¨ Danimarca, Irlanda, Regno Unito (dal 1973);
¨ Grecia (dal 1981);
¨ Portogallo, Spagna (dal 1986);
¨ Austria, Finlandia, Svezia (dal 1995);
¨ Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia, Slovenia, Ungheria (dal 2004);
¨ Bulgaria, Romania (dal 2007).
Evidentemente rispetto ai residenti o domiciliati in detti Paesi l’art. 38-quater non trova applicazione.
Esistono, poi, delle deroghe che portano ad escludere, ai soli fini IVA, dal territorio della UE alcuni territori che politicamente ne fanno parte. Per residenti/domiciliati in detti territori, come da elenco che segue, trova applicazione l’art. 38-quater:
¨ comune di Livigno, comune di Campione di Italia e le acque italiane del Lago di Lugano, per l’Italia;
¨ il monte Athos per la Grecia;
¨ i territori e i dipartimenti di oltremare (Andorra, Guadalupa, ecc.) per la Francia;
¨ l’isola di Helgoland e il territorio di Busingen per la Germania;
¨ Cueta, Melilla e isole Canarie per la Spagna;
¨ le isole Aland per la Finalandia;
¨ le isole del Canale (tra cui Jersey) per il Regno Unito;
¨ le isole Faroer e la Groenlandia per la Danimarca;
¨ le Antille per l’Olanda;
¨ la c.d. zona turca per Cipro.
È da notare, poi, che l’art. 38-quater non opera nei confronti dei residenti/domiciliati nella Repubblica di San Marino. Pur trattandosi di un Paese extra - UE è prevista una deroga specifica nella normativa italiana. Ai residenti/domiciliati in detto Stato si applicano le regole di imponibilità di cui all’art. 7 del D.M. 24/12/1993.
La condizione di residente o di domiciliato in un paese extra UE deve risultare dal passaporto dell’acquirente o da altra idonea documentazione[1].
Ambito oggettivo
La normativa si applica solo per gli acquisti operati “in prima persona” in Italia, cioè con la presenza fisica del cliente sul territorio nazionale.
I beni che si possono acquistare sono quelli destinati al consumo personale o familiare del viaggiatore. Ciò è evidente, in quanto se destinati ad un uso commerciale, si applica la disciplina propria delle esportazioni e non opera la normativa ora in commento.
Le categorie merceologiche rilevanti a tal fine siano, in linea di massima, le seguenti:
¨ abbigliamento, calzature, pelletterie ed accessori;
¨ piccoli mobili, oggetti di arredamento e di uso domestico;
¨ articoli sportivi;
¨ oggetti di oreficeria e di gioielleria;
¨ apparecchi radiotelevisi ed accessori;
¨ alimentari;
¨ giocattoli;
¨ computer ed accessori;
¨ strumenti ed accessori musicali;
¨ apparecchi di telefonia;
¨ cosmetici;
¨ accessori per autoveicoli;
¨ prodotti alcolici e vitivinicoli.
Dato che la stessa Amministrazione considera la classificazione valida “in linea di massima” è da ritenere che l’elenco non sia esaustivo. Quindi è possibile estenderne la disciplina ad altri beni purché siano oggettivamente inquadrabili in tipologie di acquisto tipiche di un “turista”.
Il regime in esame si applica solo per l’acquisto di beni e mai per l’acquisto di servizi.
A parere dell’Amministrazione Finanziaria, il termine "beni destinati ad uso personale e familiare" deve essere inteso in senso ampio, includendo non solo i beni ad uso esclusivamente personale del viaggiatore, ma anche quelli ad uso di eventuali familiari non viaggiatori.
Peraltro, quale principio utile alla soluzione dei casi dubbi, si suggerisce di tenere conto della circostanza che i beni presentati in Dogana, per poter usufruire dell' agevolazione in questione, devono comunque essere privi in via generale di qualsiasi interesse commerciale.
Ciò è quanto rinvenibile in taluna prassi ministeriale: Risoluzione n. 58/E del 11.04.1997 e Circolare n. 145/E del 10.06.1998.
Interessante è riportare il pensiero dell’Amministrazione Finanziaria recepito nella Risoluzione n. 126/E del 07.09.1998. L’Amministrazione affronta una prima questione è cioè se un grossista può applicare il regime di cui all’art. 38-quater. La soluzione è la seguente: “ la natura stessa della vendita all'ingrosso, che si sostanzia in cessioni di notevoli quantitativi di merci a soggetti che esercitano, a loro volta, l'attività commerciale, non consente l'applicazione della norma in questione, atteso che la medesima annovera tra le condizioni per la fruibilità dell'esenzione dall'imposta, la qualità di soggetto privato del cessionario. Tuttavia, non si esclude l'estensibilità della disposizione ai grossisti che abbiano ottenuto l'iscrizione al REC e l'autorizzazione amministrativa anche per il commercio al dettaglio (…) sempreché le cessioni al minuto avvengano in appositi locali, distinti da quelli destinati alla vendita all' ingrosso”.
In pratica, il regime di cui all’art. 38-quater si applica se il cedente è un dettagliante ovvero un grossista che svolge anche, in appositi locali, l’attività di vendita al dettaglio.
Una seconda questione, solo in parte connessa al commercio all’ingrosso ma rinvenibile anche in quello al dettaglio è la necessità di disporre di qualche parametro utile per distinguere ciò che è consumo personale e familiare da ciò che potrebbe essere acquisto ai fini commerciali. L’Amministrazione si esprime come segue: “(…) l'acquisto dei beni in quantità sproporzionata rispetto a quella normalmente rientrante nell'uso personale o familiare, potendo fare presupporre l’utilizzo degli stessi beni nell'ambito di un'attività commerciale, non rende possibile l'applicazione del beneficio in questione”. L’Amministrazione non fissa un parametro numerico ma un principio: gli Uffici doganali, utilizzando buon senso, devono accertare se il quantitativo di beni di acquistati eccede il normale consumo personale e familiare. In presenza di indizi che facciano supporre un utilizzo commerciale, il regime dell’art. 38-quater non si applica.
Limite di importo
Se per i limiti quantitativi vale la regola del consumo personale e familiare, non esiste un limite di importo. O meglio, non esiste un tetto massimo di acquisti che può fruire dell’agevolazione, mentre esiste un importo minimo, fissato in Euro 154,94. Tale importo:
¨ è da intendere al lordo dell’IVA;
¨ non è riferito ad un singolo bene (che quindi può avere un costo anche di pochi euro);
¨ è riferito alla singola fattura emessa dallo stesso esercente, anche se la fattura è relativa a più beni.
Adempimenti
I beni acquistati e che godono del regime devono uscire dal territorio:
¨ entro tre mesi dalla data dell’acquisto, ossia dalla data della fattura;
¨ come bagaglio appresso ovvero come bagaglio non accompagnato.
Il termine dei 3 mesi è perentorio.
La procedura del bagaglio non accompagnato viene, di solito, utilizzata per il trasporto di beni aventi dimensioni notevoli, peso elevato o sottoposti a particolari obblighi e formalità extradoganali.
Il venditore/negoziante italiano può a scelta:
¨ emettere una fattura non imponibile, con conseguente beneficio immediato per il viaggiatore (comma 1);
¨ emettere una fattura con IVA, con successivo rimborso dell’imposta (comma 2).
Sgravio immediato
Il venditore/negoziante italiano può emettere una fattura ai sensi dell’art. 21 del DPR 633/1972 su cui indicare gli estremi del passaporto (o del titolo equipollente in base alla normativa italiana) del viaggiatore. In fattura occorre riportare la seguente frase “non imponibile ai sensi dell’art. 38-quater, comma 1, DPR n. 633/1972”.
Entro 3 mesi dall’acquisto, i beni devono uscire dal territorio UE. L’unica prova ammessa, a tal fine, è il timbro apposto sulla fattura dalla dogana di uscita da intendere come l’ultima che il cliente “attraversa” prima di giungere nel proprio Paese. Quindi se l’acquisto è fatto in Italia ma il cliente giapponese continua il suo viaggio in Francia e poi in Spagna da dove parte per far ritorno con volo diretto in Giappone, l’ultima dogana (che visterà anche la fattura italiana) è quella spagnola.
Il cliente deve restituire al venditore italiano copia della fattura vistata entro il 4° mese dall’acquisto. Se ciò avviene, l’operazione si conclude e nessun’altro adempimento va eseguito dal venditore italiano.
Se i beni non escono dal territorio UE o escono ma con restituzione tardiva della fattura vistata in dogana, il venditore italiano deve regolarizzare l’operazione. Ciò può avvenire entro i 30 giorni successivi al termine massimo dei 4 mesi, con emissione di una nota di addebito per l’ammontare della sola IVA, versando l’imposta dovuta, ma non versando sanzioni ed interessi. Dopo i 30 giorni (e prima dell’accertamento fiscale), l’operazione può sempre essere regolarizzata ma con versamento anche della sanzione pari al 50% al 100% dell'IVA[2].
Si può anche ricorrere al ravvedimento operoso con i relativi “abbattimenti” di sanzione.
Esempio
In data 15.05. un commerciante di abbigliamento vende ad un turista russo beni per Euro 1.000 emettendo fattura non imponibile IVA ex art. 38-quater. L’IVA non addebita è pari a Euro 100; se:
¨ il commerciante riceve la fattura il 20.09, quindi entro il 4° mese (scadenza 30.09.): l’operazione è conclusa;
¨ il commerciante riceve la fattura il 05.10, quindi oltre i termini: va emessa la nota di addebito e va versata l’IVA pari a Euro 100.
Rimborso diretto o tramite società tax free
La procedura sopra descritta è “pericolosa”.
Il venditore italiano è “in balia” del comportamento del cliente. Se questo assolve i propri obblighi correttamente, il venditore può stare tranquillo. Se, però, il cliente – che non ha pagato l’IVA quindi dal suo punto di vista il beneficio l’ha già ottenuto – non assolve ai propri obblighi (o li assolve in modo errato), il venditore italiano si troverà a versare l’IVA all’Erario. Il cliente che riceverà la nota di addebito con molta probabilità non verserà l’IVA al venditore italiano che, quindi si troverebbe ad accollarsi il costo.
È sicuramente più sicura la procedura prevista dal comma 2 dell’art. 38-quater: l’operazione è regolarmente assoggettata all’IVA che sarà rimborsata se il venditore riceve, nei termini, la fattura.
Con la fattura restituita vistata nei termini, il venditore non dovrà emettere un documento rilevante ai fini IVA dato che l’operazione ha solo natura finanziaria. Il venditore recupererà l’IVA in sede di dichiarazione IVA.
Nel caso in cui non venga restituita la fattura vistata nei termini, l’operazione è da considerarsi conclusa definitivamente.
Esempio
In data 07.02, un commerciante di gioielli ha venduto ad un turista giapponese beni per un valore di Euro 3.000 di cui IVA per Euro 600 (aliquota del 20%). Il termine per l’uscita dei beni dal territorio UE è il 31.05. Il termine per la restituzione della fattura vistata da parte del turista scade il 30.06; se:
¨ il commerciante riceve la fattura il 15.06, quindi entro il 4° mese (scadenza 30.06.): si rimborsa l’IVA al cliente;
¨ il commerciante riceve la fattura vistata il 05.08, quindi oltre i termini: l’operazione è conclusa.
Il rimborso viene effettuato direttamente dallo stesso venditore italiano, secondo le modalità pattuite con l'acquirente estero al momento dell'acquisto (ad esempio, tramite accredito sul conto corrente bancario oppure su carta di credito, con assegno, ecc.).
L’alternativa a tale tipo di rimborso è la procedura di rimborso tramite società tax free[3]. Tali società si sostituiscono al venditore ed effettuano il rimborso dell'IVA, immediato ed in contanti, già al momento dell'uscita della merce dal territorio italiano (o comunitario), senza cioè che il viaggiatore debba rispedire la fattura al venditore.
Altre volte le società tax free si limitano a fornire servizi ai propri associati negozianti. Dette società non garantiscono il rimborso immediato dell’IVA già prima dell’uscita della merce dal territorio UE, ma si limitano a garantire un rimborso più rapido. La procedura è la seguente: il venditore italiano rilascia una fattura che reca il logo della società tax free alla quale è associato ed a cui il viaggiatore deve rispedire la fattura regolarmente vistata dalla dogana di uscita dal territorio comunitario. In entrambi i casi, però, il servizio reso dalle società tax free comporta il pagamento di un corrispettivo che le stesse detraggono direttamente dall'ammontare dell'IVA rimborsata al viaggiatore.
Si deve precisare che gli Uffici doganali sono estranei alla disciplina in esame, nel senso che non rispondono di eventuali ritardi o omissioni nei rimborsi da parte dei venditori italiani o delle società di tax free.
A disposizione per ogni chiarimento. Non esitate a contattarci per ogni ulteriore esigenza.
Cordialità.
Aldo Massimo Rossi
Dottore Commercialista – Revisore Contabile
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