mercoledì 2 marzo 2016

Possibile il concorso del professionista nella bancarotta fraudolenta

Per la Cassazione, la consapevolezza dei propositi distrattivi degli amministratori e l’assistenza loro fornita fondano la penale responsabilità

Il professionista può concorrere nei reati fallimentari commessi dagli amministratori. Così la Corte di Cassazione, con sentenza n. 8349 depositata ieri, ha precisato alcuni elementi affinché sia configurabile la responsabilità del c.d. “extraneus” nel delitto di bancarotta fraudolenta.

Sul punto, giova ricordare che la giurisprudenza di legittimità ha già avuto modo di precisare che concorre, in qualità di “extraneus” nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, il consulente contabile che, consapevole dei propositi distrattivi dell’amministratore di diritto della società dichiarata fallita, fornisca consigli o suggerimenti sui mezzi giuridici idonei a sottrarre i beni ai creditori e lo assista nella conclusione dei relativi negozi ovvero svolga attività dirette a garantirgli l’impunità o a rafforzarne, con il proprio ausilio e con le proprie assicurazioni, l’intento criminoso (Cass. n. 49472/2013).

Peraltro, in termini più generali, è stato affermato che in tema di reati fallimentari è configurabile il concorso nel reato di bancarotta fraudolenta da parte di persona estranea al fallimento, qualora la condotta realizzata in concorso col fallito sia stata efficiente per la produzione dell’evento e il terzo concorrente abbia operato con la consapevolezza e la volontà di aiutare l’imprenditore in dissesto a frustrare gli adempimenti predisposti dalla legge a tutela dei creditori dell’impresa (Cass. n. 27367/2011).

Nel caso oggetto della sentenza in commento, il giudizio di penale responsabilità del professionista nella distrazione operata dagli amministratori della società fallita viene fondato sulla considerazione per cui il legale – sia della società poi dichiarata fallita sia della società acquirente il magazzino – era consapevole dei propositi distrattivi degli amministratori e aveva assistito questi ultimi nella predisposizione degli strumenti giuridici idonei a determinare la sottrazione del valore reale del magazzino ai creditori, svolgendo peraltro un’attività consulenziale diretta a favorire e rafforzare, con il proprio determinante contributo concorsuale, il proposito criminoso degli amministratori stessi.
In particolare, la condotta tipica del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale viene identificata in un’operazione distrattiva attuata attraverso un contratto estimatorio in cui il valore del magazzino era diverso dal valore reale dello stesso e a cui era conseguita la vendita “ad un prezzo vile” di quest’ultimo ad altra società.

L’attività di partecipazione del professionista all’elaborazione del piano concordatario e la sua consapevolezza del valore del magazzino sarebbero, secondo i giudici di legittimità, elementi sufficienti a fondare la penale responsabilità di tale soggetto in concorso con gli amministratori della società fallita.
In tal senso vengono evidenziati i numerosi incontri intervenuti, nello studio dello stesso professionista, per la predisposizione degli accordi di programma e per la realizzazione del piano aziendale.

Sul commissario giudiziale grava la posizione di garanzia

Inoltre, vengono addotte alcune prove documentali per la dimostrazione della consapevolezza del valore reale del magazzino differente dal valore trasfuso nel contratto estimatorio.
Va, infatti, ricordato che l’elemento soggettivo di tale fattispecie viene spesso limitato alla consapevolezza di dare ai beni del fallito una destinazione diversa da quella dovuta secondo la funzionalità dell’impresa, privando quest’ultima di risorse e garanzie per i creditori (Cass. n. 32031/2014).
Riguardo a tali fatti, la presente sentenza ribadisce, poi, la posizione di garanzia ex art. 40 comma 2 c.p. che grava sul commissario giudiziale della procedura concorsuale, quale organo deputato proprio al controllo di regolarità della stessa.