martedì 8 marzo 2016

La modella non è «artista»

Per la residenza fiscale rileva il centro degli interessi vitali; a tale professione non si applicano alcune disposizioni per «artisti e sportivi»

La Commissione tributaria provinciale di Firenze, con la sentenza n. 247/4/16, depositata il 15 febbraio 2016, ha deciso un caso interessante, in tema di tassazione dei redditi delle modelle.
Nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate aveva emesso un avviso di accertamento, a seguito di mancata presentazione della dichiarazione di redditi da attività di lavoro autonomo, come riscontrati dal modello 770 presentato dal sostituto di imposta per gli emolumenti percepiti dalla contribuente, che svolgeva la professione di modella e si dichiarava residente all’estero. L’Amministrazione finanziaria contestava invece alla contribuente la residenza fiscale in Italia fin dal 2007, come poi confermata, nel 2009, dalla successiva richiesta d’iscrizione all’anagrafe residenti di Milano. La ricorrente che, per esigenze lavorative, era costantemente in viaggio per brevi periodi in diverse città dell’Europa, eccepiva che solo dall’anno 2009 aveva deciso di stabilirsi in Italia.

In ogni modo, la ricorrente eccepiva che, comunque, in base all’art. 4, comma 2, della Convenzione tra la Repubblica Italiana e la Repubblica Argentina, la stessa doveva essere considerata residente in Argentina, per avere lì la propria abitazione permanente. L’Agenzia delle Entrate insisteva invece per l’oggettiva sussistenza in Italia del domicilio, inteso quale centro principale degli interessi, come comprovato anche dai sempre maggiori redditi percepiti, che avevano poi portato la contribuente a trasferire in Italia la propria residenza.

L’Amministrazione richiamava l’art. 17 della Convenzione Italia-Argentina che, in tema di tassazione dei compensi di “artisti e sportivi”, in deroga all’art. 4 comma 2 di detta convenzione, prevede espressamente che “i redditi che un residente di uno Stato contraente ritrae dalle sue prestazioni personali esercitate nell’altro Stato contraente in qualità di artista dello spettacolo, quale un artista di teatro, del cinema, della radio o della televisione, o in qualità di musicista, nonché di sportivo, sono imponibili in detto altro Stato”.

I giudici di merito rilevano, però, che non v’era prova che la ricorrente risiedesse in Italia prima del 2009. Non c’era inoltre neppure prova che attestasse che la contribuente avesse in Italia il domicilio ai sensi del codice civile. Né la domanda di attribuzione del codice fiscale era rilevante ai fini della determinazione della residenza fiscale, cosa peraltro documentalmente smentita dalla contribuente, avendo ella dimostrato che, per la maggior parte del periodo di imposta in contestazione era iscritta all’anagrafe della popolazione residente in Argentina, ove risultava aver la dimora abituale e la residenza fiscale.

Che, infine, la stessa non avesse la sede principale degli affari ed interessi in Italia, era anche provato dai frequenti visti di ingresso ed uscita sul passaporto, che escludevano una situazione integrante sul territorio il centro principale degli interessi economici-patrimoniali. Ad avviso della C.T. Prov., inoltre, non era possibile ipotizzare l’applicazione dell’art. 17 della Convenzione (che disciplina la tassazione delle prestazioni di “artisti e sportivi”), nel caso di specie, non sussistendo un’analogia tra la professione di indossatrice a quella degli artisti propriamente detti.

Non riconoscibile la creatività tipica di chi esercita un’arte

Secondo i giudici, infatti, le modelle non possono essere considerate delle artiste, non essendo possibile riconoscere loro quella “creatività” tipica di chi esercita un’arte. I servizi resi da modelle e indossatrici non sembrano del resto normalmente rivestire l’infungibilità tipica delle prestazioni artistiche, che solo l’artista, propriamente detto, può esprimere con il suo specifico apporto personale. Secondo la C.T. Prov., pertanto, la norma della Convenzione applicabile al caso di specie era quella di cui all’art. 14, dettato per le “Professioni indipendenti”, in base al quale i redditi che un residente di uno Stato contraente ritrae dall’esercizio di una libera professione, o da altre attività indipendenti di carattere analogo, sono imponibili soltanto in detto Stato.

Detti redditi possono essere tassati nell’altro Stato contraente, solo se:
- il soggetto disponga abitualmente nell’altro Stato contraente di una base fissa per l’esercizio delle sue attività (in tal caso, i redditi sono imponibili nell’altro Stato unicamente nella misura in cui sono attribuibili a detta base fissa);
- il soggetto soggiorni nell’altro Stato contraente per un periodo, o periodi, la cui durata complessiva sia uguale o superiore a 200 giorni nel corso dell’anno solare.

In base poi all’art. 4, comma 2, lett. a) e lett. b) della Convenzione, la ricorrente non avrebbe comunque dovuto essere tassata in territorio italiano, avendo dimostrato sia di avere in Argentina la propria abitazione permanente e sia di avervi soggiornato abitualmente.