NOTE OPERATIVE PER LA VENDITA DEI BENI
E PER LA REDAZIONE DEL PROGRAMMA DI LIQUIDAZIONE
Brescia, dicembre 2013
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INDICE
1. PREMESSA PAG. 3
2. LE VENDITE IMMOBILIARI PAG. 5
3. LE VENDITE MOBILIARI - LA RINUNCIA ALLA LIQUIDAZIONE DEI BENI PAG. 9
4. LA CESSIONE D'AZIENDA, DI SINGOLI RAMI, L'AFFITTO D'AZIENDA PAG. 12
5. LA CESSIONE DELLE PARTECIPAZIONI PAG. 16
6. LE AZIONI RISARCITORIE, RECUPERATORIE E REVOCATORIE PAG. 18
7. LA COMPENSAZIONE, IL RIMBORSO E LA CESSIONE DEI CREDITI FISCALI PAG. 24
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1. PREMESSA
In base all'art. 107 LF la vendita dei beni e tutti gli atti di liquidazione in genere, effettuati
in esecuzione del Programma di Liquidazione approvato, devono essere effettuati nella
prospettiva della massima valorizzazione dell'attivo.
A tal fine il nuovo testo dell'art. 107 LF (che disciplina le modalità di vendita di tutti i
beni, dopo la soppressione del titolo della Sezione III, dedicato ai soli beni immobili)
attribuisce al Curatore una più ampia operatività nella fase liquidatoria, dando allo stesso
l'onere di vendere i beni tramite "procedure competitive, anche avvalendosi di soggetti
specializzati, sulla base di stime effettuate, salvo il caso di beni di modesto valore, da
parte di operatori esperti, assicurando, con adeguate forme di pubblicità, la massima
informazione e partecipazione degli interessati".
Il Curatore può quindi procedere direttamente alla vendita, a condizione di rispettare il
triplice requisito della:
1. Stima dei beni da liquidare (adempimento derogabile unicamente nel caso di
stima di beni di modico valore);
2. Pubblicità delle vendite (ovvero massima divulgazione dell'avviso, anche
mediante pubblicazione degli annunci su siti Internet, mailing specializzate ad
operatori specifici del settore. etc..);
3. Procedura competitiva della vendita, ovvero realizzazione di gara nel caso di
pluralità di offerte.
Il Curatore può avvalersi di soggetti esterni (delegati alla vendita dei beni) o di Istituti
Commissionari per le Vendite Giudiziarie muniti di apposite autorizzazioni
amministrative.
In alternativa, il Curatore può optare per la vendita dei beni avanti il Giudice Delegato.
In tale contesto il Programma di Liquidazione (art. 104 ter LF) costituisce uno dei principali atti
che il Curatore fallimentare, nell'ambito delle procedure regolate dal cd. "Nuovo rito", è tenuto a
redigere nel corso della procedura.
Il Programma di Liquidazione costituisce il principale documento di indirizzo e di
programmazione dell'intera fase liquidatoria, nel quale il Curatore deve descrivere le modalità e i
termini della liquidazione dell'attivo. Esso deve essere depositato entro 60 giorni dalla redazione
dell'inventario, e deve essere sottoposto all'approvazione del comitato dei creditori.
Il Programma di Liquidazione deve, necessariamente, contenere le seguenti
informazioni circa le modalità di realizzo dell'attivo:
- L'opportunità di disporre l'esercizio provvisorio dell'impresa, o di singoli rami di azienda,
ovvero l'opportunità di autorizzare l'affitto dell'azienda, o di rami, a terzi, ai sensi dell'art. 104
bis LF (lett. a);
- La sussistenza di proposte di concordato ed il loro contenuto (lett. b);
- Le azioni risarcitorie, recuperatorie o revocatorie da esercitare ed il loro possibile esito (lett.
c);
- La possibilità di cessione unitaria dell'azienda, di singoli rami, di beni o di rapporti
giuridici individuabili in blocco (lett. d);
- Le condizioni della vendita dei singoli cespiti (lett. e).
Una volta approvato, il programma di Liquidazione è comunicato al Giudice Delegato, che
autorizza l'esecuzione degli atti ad esso conformi (art. 104 ter, u.c., LF). Tale potere, seppur
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limitato, rientra nell'ambito delle funzioni di vigilanza e di controllo sulla regolarità della
procedura attribuite al Giudice Delegato dagli artt. 25 e 31 LF.
Il presente Vademecum si propone di fornire alcune note operative sulle modalità di vendita
delle singole categorie di beni acquisiti alla procedura.
Il Capitolo 2 esamina le Vendite dei beni immobili.
Il Capitolo 3 descrive le Vendite dei beni mobili, con il caso particolare della rinuncia
all'acquisizione o alla liquidazione dei beni.
Il Capitolo 4 tratta il tema della cessione e dell'affitto d'azienda.
Il Capitolo 5 approfondisce la tematica della vendita delle partecipazioni (azioni o quote di
partecipazione al capitale di società).
Il Capitolo 6 esamina il tema delle azioni risarcitorie, recuperatorie e revocatorie;
Il Capitolo 7 esamina il tema della compensazione, rimborso e cessione dei crediti fiscali.
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2. LE VENDITE IMMOBILIARI
2.1 La natura della vendita prevista dagli artt. 107-108 LF.
2.2 La procedura competitiva nel fallimento.
2.3 La stima e la documentazione.
2.4 La competizione.
2.5 La sospensione della vendita.
2.6 Il trasferimento della proprietà.
2.1 La natura della vendita prevista dagli artt. 107-108 LF
Le modalità di vendita degli immobili del fallimento sono state interamente riscritte dal legislatore
con gli artt. 107 e 108 l. f., nell'ottica di garantire alla procedura il massimo realizzo economico
secondo modelli procedurali improntati alla speditezza, flessibilità e trasparenza.
L'innovazione rispetto al passato è evidente.
L'art. 108 LF, nel testo in vigore sino al 15 luglio 2006, prevedeva che la vendita degli immobili
dovesse farsi con incanto e, in via subordinata, ricorrendo determinate condizioni, senza incanto.
La tassatività delle forme procedurali previste per la vendita degli immobili non poteva, quindi,
consentire il ricorso a forme di vendita diverse da quella prevista dagli artt. 570 e segg. c.p.c., che
prescindessero dalla partecipazione del Giudice Delegato innanzi al quale dovevano svolgersi:
vendite che, se concluse dal curatore a trattativa privata, erano per la giurisprudenza nulle ai sensi
dell'art. 1418 c.c. per la violazione delle norme imperative che disciplinano il procedimento di
liquidazione dell'attivo fallimentare.
La vendita degli immobili secondo le disposizioni del codice di procedura civile, nella nuova
formulazione della legge fallimentare, è prevista dall'art. 107 LF c. 2, come ipotesi residuale.
Con il nuovo art. 107 LF e l'abolizione del richiamo alle norme del codice di procedura civile,
infatti, la vendita avviene tramite "procedure competitive" ovvero con vendite svincolate dai rigidi
schemi processuali delle esecuzioni individuali.
La semplificazione delle modalità di vendita con lo sganciamento da vincoli formali è bilanciata
dalla trasparenza delle procedure e dall'ampliamento delle forme di pubblicità in conformità alla
notevole gamma di mezzi informatici e telematici oggi disponibili oltre a quelli cartacei
tradizionali.
2.2 La procedura competitiva
La procedura di vendita deve essere effettuata nel rispetto di due esigenze:
a) quella della correttezza del procedimento di vendita in funzione dell'interesse dei creditori alla
massima soddisfazione possibile e dell'interesse del debitore a conseguire il massimo della
liberazione;
b) quella del fallimento di garantire, all'esito della procedura, un assetto stabile degli effetti della
vendita con la massima sicurezza possibile dell'acquisto effettuato dal terzo.
Il curatore può, quindi, gestire la liquidazione con la massima informalità, anche avvalendosi di
soggetti specializzati nella vendita degli immobili, rispettando i principi della trasparenza e delle
pari opportunità per gli interessati ad offrire.
I due principi sono strettamente collegati ed interdipendenti in quanto è la trasparenza che
garantisce la corretta competizione, informando il pubblico dell'asta e delle condizioni per
parteciparvi.
L'informazione va data con adeguate forme di pubblicità: in questa materia l'art. 490 c.p.c. (v.
anche l'art. 173-ter disp.att.c.p.c. sulla pubblicità su internet) sulla pubblicità degli avvisi potrebbe
rappresentare uno dei modelli di riferimento per il curatore sia per le modalità che per il contenuto
della pubblicità.
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Quanto al contenuto (minimo) della pubblicità, dovrà comprendere il regolamento della vendita,
anche per estratto, da riportare in un avviso di gara o d'asta, che informi della data, del luogo e
delle modalità del suo svolgimento, dell'immobile posto in vendita, del prezzo base, dei requisiti
dei partecipanti e dei depositi da effettuare per partecipare.
L'art. 107 LF richiede la massima informazione e partecipazione degli interessati, il che significa
rendere disponibili i documenti rilevanti per la vendita, quale la relazione di stima e l'avviso della
gara, nonché informare delle modalità di visita ed esame del bene messo in vendita, così come è
prassi nelle vendite tra privati e come è ora consentito nelle vendite forzate (art. 560, c. 6 c.p.c.).
Il terzo comma dell'art. 107 LF, richiamando il precedente quarto comma dell'art. 108 LF (testo
ante riforma) fa obbligo al curatore di avvisare della vendita, prima del completamento delle –
relative – operazioni, i creditori ipotecari o muniti di privilegio, affinchè siano messi in grado di
tutelare le loro ragioni di credito privilegiato nei confronti della procedura, stante l'effetto
purgativo della vendita previsto dall'art. 108 LF.
Le operazioni di vendita devono essere documentate dal curatore per consentire il controllo di
legalità sul loro svolgimento, anche se ex post: lo si deduce, oltre che da una regola di ovvia
diligenza, dall'art. 107, c. 4 LF che obbliga il curatore ad informare il Giudice Delegato ed il
comitato dei creditori dell'esito delle operazioni, depositando la (relativa) documentazione in
cancelleria, per essere inserita nel fascicolo del fallimento.
2.3 La stima e la documentazione
Il legislatore ha delineato per cenni la procedura competitiva per dare spazio alle esperienze della
pratica, ma prefigura comunque lo svolgimento della vendita immobiliare in due fasi, di cui la
prima è la condizione della successiva.
Nella prima si tiene la gara e, in generale, le operazioni di vendita dirette a scegliere il contraente
con cui il curatore dovrà stipulare l'atto di vendita; nella seconda si trasferisce il diritto di
proprietà con la stipulazione di un negozio di diritto privato.
Si tratta, quindi, di individuare gli elementi essenziali e minimi della procedura competitiva,
rimanendo fedeli alla ratio della norma di semplificare e sveltire le vendite.
Innanzitutto, il valore dell'immobile deve essere stimato da un esperto scelto dal curatore.
L'esperto non è ausiliario del giudice (l'incarico di effettuare la stima gli è, infatti, conferito dal
curatore sulla base di un rapporto privatistico).
La stima è di estrema importanza per la collocazione sul mercato del bene: il valore così
determinato diventa il prezzo base della gara, il parametro di valutazione dell'interesse del
pubblico e delle offerte di acquisto.
Oltre a valutare il bene, l'esperto deve dare atto delle caratteristiche dell'immobile rilevanti per la
vendita al pubblico (compresa la certificazione energetica), descriverne la situazione possessoria,
gli oneri e vincoli eventualmente gravanti sullo stesso, informare dei profili urbanistici ed edilizi,
fornire la documentazione ipotecaria e catastale che ne consenta l'esatta identificazione, i
certificati delle iscrizioni e delle trascrizioni necessari per l'accertamento della proprietà in capo al
fallito e/o della presenza di diritti reali di godimento opponibili al fallimento, nonché di eventuali
creditori iscritti titolari di ipoteche o privilegi o che abbiano prima del fallimento trascritto
sequestri conservativi o domande giudiziali.
2.4 La competizione
Il curatore dovrà organizzare una competizione, invitando gli interessati a proporsi per l'acquisto
dell'immobile ad un prezzo pari o superiore a quello di stima, indicando come e dove depositare le
offerte, la misura minima dei rialzi, quando e dove si terrà la gara sull'offerta più alta nel caso di
presentazione di più offerte.
Le offerte non potranno che essere scritte e chiaramente espresse nel loro contenuto quanto al
prezzo offerto, al tempo ed al modo di pagamento proposto, in conformità di quanto deciso a
questo riguardo dal curatore e della pubblicità data alle condizioni della gara.
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Non è esclusa a priori la possibilità di un pagamento dilazionato o comunque non contestuale al
perfezionamento della vendita, che avviene con la stipulazione del contratto: lo si deduce dal fatto
che il Giudice Delegato ordina con decreto la cancellazione delle iscrizioni e delle trascrizioni una
volta eseguita la vendita e riscosso interamente il prezzo (art. 108, c. 2, LF).
Per garantire la serietà delle intenzioni degli offerenti e la leale competizione, le offerte
dovrebbero esser vincolanti per un certo tempo ed accompagnate dal deposito di una cauzione,
nonché presentate con modalità che garantiscano la riservatezza dell'offerente, ad esempio in
busta chiusa.
Salvo vada deserta, la gara si conclude con l'individuazione dell'offerente che ha presentato la
proposta di acquisto più elevata o migliore sulla base dei criteri stabiliti nell'avviso di gara.
Dell'esito della procedura il curatore informa il Giudice Delegato ai sensi dell'art. 107 c.5 LF
mediante il deposito in cancelleria della relativa documentazione, che segna il termine della fase
delle operazioni di vendita.
2.5 La sospensione della vendita
La vendita può essere sospesa dal curatore nel caso in cui, conclusa positivamente la gara, ma
non ancora stipulato il contratto di trasferimento della proprietà, pervenga una offerta irrevocabile
d'acquisto migliorativa per un importo non inferiore al dieci per cento del prezzo offerto (art. 107,
c. 4 LF).
Ricorrendo questa eventualità, la norma non indica al curatore cosa fare, lasciandolo libero di
riaprire la gara, invitando gli interessati a competere sulla nuova offerta o di aggiudicare
all'offerente in aumento del decimo, a condizione che l'una o l'altra opzione siano state inserite e
pubblicizzate nell'avviso di gara, atteso il rilievo assoluto che ha la pubblicità nel sistema delle
vendite fallimentari.
Le operazioni di vendita possono essere altresì sospese dal Giudice Delegato qualora ricorrano
gravi e giustificati motivi (art. 108 c. 1 LF).
Il Giudice Delegato può inoltre impedire il perfezionamento della vendita quando il prezzo offerto
risulti notevolmente inferiore a quello giusto, tenuto conto delle condizioni di mercato (art. 108, c.
1 LF).
In entrambi questi casi il giudice provvede su istanza del fallito, del comitato dei creditori o di altri
interessati (previo parere del comitato dei creditori).
I termini utilizzati dal legislatore negli artt. 107 e 108 LF – procedura competitiva, vendita, esiti
delle procedure, operazioni di vendita, perfezionamento della vendita - possono provocare dubbi
nell'individuazione del dies ad quem entro il quale si può domandare la sospensione per gravi e
giustificati motivi, soprattutto in un contesto normativo dove il trasferimento della proprietà non
avviene più esclusivamente con il decreto di trasferimento del giudice (che rappresentava, nella
precedente disciplina, il termine ultimo per esercitare il potere di sospensione della vendita), ma
anche con rogito notarile.
La chiave interpretativa è data dalla previsione del deposito in cancelleria della documentazione
sull'esito della procedura, di cui al 4º comma dell'art. 107 LF: detto deposito funge da spartiacque
tra la procedura competitiva di vendita, che ha individuato il futuro contraente, ed il
perfezionamento della vendita con la stipulazione del contratto, che non è ancora avvenuta.
Con il deposito della documentazione e col decorso dei dieci giorni previsti dall'art. 108 LF, in
assenza di offerte in aumento del 10%, si concludono le operazioni di assegnazione: ne consegue
che la sospensione per gravi e giustificati motivi può essere domandata dagli aventi diritto dal
momento in cui è aperta la procedura competitiva sino allo scadere dei dieci giorni dal deposito in
cancelleria della documentazione della vendita.
Analogamente ai gravi motivi che consentono la sospensione dell'esecuzione (ai sensi dell'art.
624 c.p.c.), in caso di opposizione (ai sensi dell'art. 615 c.p.c.) i gravi e giustificati motivi
coincidono con quelli che rendono prevedibile l'accoglimento dell'istanza per motivi di
opportunità e convenienza: ad esempio, per la presenza di vizi od irregolarità, formali e non, degli
atti, delle operazioni di vendita o per le condotte tenute dai soggetti che sono intervenuti a vario
titolo nelle operazioni: ciò fa ritenere che la sospensione prevista dalla prima parte del primo
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comma dell'art. 108 LF sia il rimedio cautelare per i vizi e le irregolarità delle operazioni di
vendita.
Sull'istanza il Giudice Delegato provvede con decreto motivato, soggetto al reclamo al tribunale ai
sensi dell'art. 26 LF, non ricorribile in Cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost..
Gli stessi soggetti legittimati a domandare la sospensione, entro dieci giorni dalla data del deposito
in cancelleria della documentazione della vendita (artt. 107, c. 4 e 108, c. 1 LF), possono chiedere
al Giudice Delegato di impedire il perfezionamento della vendita quando il prezzo offerto risulti
notevolmente inferiore a quello giusto, tenuto conto delle condizioni di mercato.
Il Giudice Delegato provvede con decreto motivato, reclamabile ai sensi dell'art. 26 LF.
2.6 Il trasferimento della proprietà
Esclusi i motivi di sospensione disciplinati dall'art. 107, c. 4 e 108 LF, l'offerta risultata migliore
si converte in proposta contrattuale di acquisto completa in ogni sua parte, la quale verrà
formalmente accettata dal curatore con la stipulazione del contratto di vendita che trasferisce il
diritto di proprietà.
La gara individua, quindi, il contraente con cui il curatore, munito della necessaria autorizzazione
del G.D., andrà a stipulare il contratto di vendita.
Perfezionata la vendita con il versamento del prezzo e la stipulazione del contratto, il Giudice
Delegato ordina con decreto la cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione,
nonché delle trascrizioni dei pignoramenti e dei sequestri conservativi e di ogni altro vincolo (art.
108, c. 2 LF).
La cancellazione non riguarda le domande giudiziali di terzi, che rivendicano la proprietà od altri
diritti reali sull'immobile, le quali restano annotate (art. 2668 c.c.).
Il decreto dovrà essere presentato al conservatore che provvede alle cancellazioni, previo un
controllo formale sulla regolarità del provvedimento (art. 2674 c.c.).
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3. LE VENDITE MOBILIARI – LA RINUNCIA ALLA LIQUIDAZIONE DEI BENI
3.1 LE VENDITE MOBILIARI
3.1.1 Modalità di vendita dei beni mobili
Nel programma di liquidazione può essere sinteticamente riportato che, per quanto riguarda la
vendita dei beni mobili, si provvederà ad avviare procedure competitive di vendita, anche
attraverso soggetti specializzati. In particolare verrà data adeguata pubblicità a mezzo stampa e
tramite siti Internet, raccogliendo offerte e dando corso a trattative con possibilità di esperire
anche aste organizzate dalla Curatela tra i possibili acquirenti.
Nel caso in cui il primo esperimento vada deserto, si procede con successivi esperimenti
applicando come prezzo base il prezzo del precedente esperimento ridotto fino al 25%.
La vendita al miglior offerente della procedura competitiva dovrà essere autorizzata dal Comitato
dei Creditori con la supervisione dal Giudice Delegato, che potrà sospendere l'operazione ex art.
108 LF.
3.1.2 Perizia dei beni mobili
Per i beni mobili di valore significativo e per le aziende è opportuno che il Curatore proceda ad
incaricare un esperto per la redazione di una perizia di stima, la cui valutazione finale dovrà
costituire il prezzo base per le offerte.
3.1.3 Avviso di vendita
Si ritiene opportuno che l'avviso di vendita debba contenere:
1. Sintesi dei beni da vendere
2. Data, ora e luogo entro il quale si accettano le offerte irrevocabili di acquisto con
validità superiore di almeno 30 giorni al termine di presentazione della stessa,
accompagnata da assegno circolare non trasferibile, o fideiussione bancaria, a titolo di
cauzione pari al 10-20% del prezzo offerto. Le offerte dovranno essere contenute in busta
chiusa con l'indicazione all'esterno della sola dicitura: "offerta per l'acquisto dei beni
mobili della procedura XY". L'indicazione della data e dell'ora del ricevimento
dell'offerta sono a cura del Curatore.
3. Modalità di pagamento, che dovrà avvenire prima del ritiro dei beni, o anche dilazionato
con idonea garanzia quale una fidejussione bancaria.
4. Specificare che la cessione avviene nello stato di diritto e di fatto in cui si trovano i
beni, oneri di rimozione e trasporto a carico dell'aggiudicatario.
5. Assoggettamento fiscale della vendita.
6. Tempi concessi per il ritiro dei beni ed eventuale deposito a titolo di garanzia per la
liberazione dell'immobile e/o danneggiamenti allo stesso.
7. Indicazione che in caso di più offerte valide ed efficaci verrà bandita una gara partendo
dall'offerta più alta, con indicazione della data stabilita e dei rilanci minimi.
8. In caso di offerte uguali, senza che vi sia alcun rilancio, indicazione che la gara sarà
aggiudicata all'offerta pervenuta prima in linea temporale.
9. Specificazione che, ai sensi dell'art. 108 LF, il Giudice Delegato può sospendere la
vendita per gravi motivi o quando il prezzo offerto risulti notevolmente inferiore a quello
ritenuto giusto tenuto conto delle condizioni di mercato. Si veda, a tal proposito, quanto
esposto per le vendite immobiliari (par. 2.5).
3.1.4 Modalità per la pubblicità dei beni da vendere
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Si ritiene opportuno che il Curatore provveda a effettuare i seguenti adempimenti pubblicitari:
1. Inserzione su stampa specializzata,
2. Inserzione su un sito Internet ove sarà possibile visionare: a) la perizia di stima; b) il
dettaglio dei beni in vendita; c) l'ordinanza di vendita; d) eventualmente, il fac-simile di
presentazione dell'offerta.
3. Eventuale inoltro dell'avviso di vendita - generalmente a mezzo fax o e-mail - ad un
elenco dei possibili acquirenti (spesso predisposto con la collaborazione del perito
incaricato della redazione della perizia).
3.1.5 Aggiudicazione dei beni
In caso di unico offerente si procederà all'aggiudicazione immediata dandone comunicazione
all'offerente/aggiudicatario.
In caso di più offerenti sarà data comunicazione di invito alla riunione prevista presso lo studio del
curatore per la gara sulla base dell'offerta più alta.
Dovrà essere redatto verbale di aggiudicazione, possibilmente steso da persona terza, dove sarà
riportato:
• Data, ora e luogo.
• Elenco dei presenti (curatore, suo collaboratore, offerenti).
• Modalità della vendita, già rese note al momento dell'avviso, eventualmente integrate di
particolari che si ritengono utili. È importante formalizzare che tutti gli offerenti sono stati
informati sulle modalità di vendita, onde non avere problemi interpretativi in seguito.
• Modalità del saldo prezzo che dovrà avvenire come eventualmente indicato nel bando.
• Ogni altra condizione prevista dall'avviso di gara o che possa emergere al momento
dell'aggiudicazione.
Il verbale dovrà essere sottoscritto dal curatore, dal suo collaboratore come segretario,
dall'aggiudicatario e dai presenti.
In caso di procedura avviata da operatori specializzati il curatore dovrà dare incarico all'operatore
scelto e consegnargli l'elenco dei beni da vendere con l'indicazione del prezzo minimo applicabile
al primo esperimento d'asta e le riduzioni da applicare ai successivi esperimenti, in conformità alle
autorizzazioni preventivamente ottenute dagli Organi della procedura.
3.2 LA RINUNCIA ALLA LIQUIDAZIONE DEI BENI
Relativamente alla possibilità, subordinata alla autorizzazione del Comitato dei Creditori, di
rinunciare alla liquidazione di uno o più beni, qualora l'attività di liquidazione appaia
manifestamente non conveniente – situazione prevista dall'art. 104 ter comma 7 LF -, viene
segnalato che sorge l'obbligo in capo al Curatore di darne comunicazione ai creditori, in quanto
gli stessi possono iniziare azioni esecutive o cautelari sui beni rimessi nella disponibilità del
debitore.
Considerato che la circostanza sopra prevista si manifesta a fronte di beni di valore scarso o
pressoché nullo e che l'informazione ai creditori rappresenta un onere aggiuntivo nell'ambito di
Procedure spesso senza attivo disponibile, pare opportuno che il Curatore chieda al Comitato dei
Creditori (alias, al Giudice Delegato, nell'ipotesi di cui all'art. 41 comma 4 LF) di essere
esonerato dall'invio ai creditori della comunicazione di cui all'art. 104-ter comma 7 LF,
rappresentando la stessa un ulteriore onere per il fallimento (meglio, per il Curatore) e nessun
vantaggio per i creditori, stante il valore nullo dei beni in questione.
E' necessario segnalare che, qualora non vengano liquidati beni che per legge devono rispettare
determinati requisiti imposti da apposite norme (ad esempio, Legge 626/94 sulla sicurezza), è
opportuno (secondo alcuni orientamenti) che gli stessi vengano successivamente affidati a ditte
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specializzate per lo smaltimento, non essendo esonerato da responsabilità il Curatore che
"abbandoni", per motivi di anti economicità, beni potenzialmente pericolosi per l'ambiente e/o le
persone.
Peraltro, è opportuno segnalare che lo stesso problema potrebbe sorgere nell'ipotesi in cui il
fallimento sia in grado di cedere beni non dotati di certificazioni di sicurezza o, comunque,
mancanti dei requisiti normativi. Infatti, il Curatore potrebbe non essere esonerato da eventuali
responsabilità, qualora in seguito il bene arrechi danno a persone e/o cose. Pertanto, anche in caso
di beni "liquidabili", ma non dotati dei requisiti normativi di sicurezza, sarà opportuno valutare
l'ipotesi di chiedere l'autorizzazione a liquidare i beni in questione con modalità e prezzi coerenti
con il reale stato in cui si trovano i beni.
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4. LA CESSIONE DELL'AZIENDA, DI SINGOLI RAMI, L'AFFITTO D'AZIENDA
4.1 Introduzione
4.2 L'affitto d'azienda
4.3 La cessione dell'azienda
4.4 Il trasferimento dei diritti sulle opere dell'ingegno, sulle invenzioni industriali e sui marchi
4.1 Introduzione
Come noto, la novella della Legge Fallimentare ha introdotto nella disciplina della liquidazione
dell'attivo un'articolata regolamentazione della cessione d'azienda, di suoi rami o di beni e
rapporti giuridici in blocco, da un lato confermando l'opportunità di sottrarre la gestione
dell'impresa a chi ne ha determinato il dissesto, dall'altro lato cercando di perseguire l'obiettivo di
conciliare la finalità liquidatoria con l'esigenza di salvaguardare la prosecuzione di attività
potenzialmente produttive di reddito.
Gli strumenti individuati dal legislatore per perseguire tali finalità sono molteplici: dall'esercizio
provvisorio (art. 104 L. Fall.), che può essere disposto addirittura dal Tribunale nella sentenza
dichiarativa del fallimento o anche essere proposto dal curatore, all'affitto d'azienda o di suoi rami
(104-bis L. Fall.), fino alla cessione dell'azienda, di suoi rami o di beni e rapporti in blocco (art.
105 L. Fall.).
Esercizio provvisorio e affitto d'azienda sono strumenti volti alla conservazione del complesso
produttivo, finalizzati ad evitare la disgregazione dell'azienda e a salvaguardare la valorizzazione
di beni, specie immateriali (intangible assets) quali l'avviamento, che solo tramite la prosecuzione
dell'attività possono mantenere un apprezzabile valore commerciale: la cessione dell'azienda (o di
altri attivi aggregati) è lo strumento principe per giungere alla liquidazione dell'attivo fallimentare.
La struttura della normativa lascia chiaramente intendere che la cessione di un complesso
aziendale è ritenuto dal legislatore la soluzione preferibile non solo e non tanto per tutelare
interessi di natura socio-economica (conservazione dei livelli occupazionali), quanto per il
migliore soddisfacimento dei creditori.
Invero la norma ipotizza una convergenza tra l'interesse dei creditori (alla massimizzazione del
realizzo) e la prosecuzione dell'attività, sul presupposto (tutto da dimostrare) che l'impresa in
dissesto possieda una certa consistenza patrimoniale e che l'accertamento dello stato di dissesto
abbia luogo con auspicabile tempestività, ben prima che il valore dell'azienda sia ormai
definitivamente evaporato. Purtroppo la realtà ci pone spesso di fronte a situazioni del tutto
diverse: di fatto il fallimento interviene quasi sempre quando ormai l'attività d'impresa è morta e
sepolta da un pezzo e non sono lontanamente ipotizzabili tentativi di individuarne un nucleo
almeno potenzialmente produttivo.
4.2 L'affitto d'azienda
Va sottolineato anzitutto che la Legge fallimentare si occupa dell'affitto d'azienda in due distinti
articoli, collocati in due capi del tutto diversi tra loro: l'articolo 79 (nel capo III, che si occupa
degli effetti del fallimento) disciplina il caso del contratto d'affitto pendente alla data della
dichiarazione di fallimento, l'art. 104 bis (nel capo VI, relativo alla liquidazione dell'attivo)
dispone in merito all'affitto cosiddetto endofallimentare, stipulato dal curatore nell'ambito del
potere gestorio che gli è riconosciuto dall'attuale legge.
E' ovvio che le due norme hanno sostanzialmente obiettivi sovrapponibili, riconducibili
essenzialmente all'esigenza di tutelare il valore dell'attivo, specie di ciò che non si vede, in sintesi
dell'avviamento. Lo strumento attraverso il quale perseguire tale obiettivo è anch'esso
sostanzialmente analogo: l'affidamento ad un terzo dell'onere e dei rischi della gestione (in questo
la radicale differenza rispetto all'altro strumento volto alla conservazione dell'attività: l'esercizio
provvisorio).
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Tuttavia ai contratti stipulati dall'imprenditore in bonis non sono direttamente applicabili,
nemmeno in via interpretativa (fatto salvo il loro espresso richiamo nel contratto stesso), le
clausole imposte dall'art. 104 bis L. Fall. per i contratti stipulati dalla curatela: ciò comporta
problematiche non trascurabili per la curatela, che sarà spesso indotta a scegliere il recesso, anche
perché il termine di 60 giorni è obiettivamente tanto breve da non consentire un pieno
apprezzamento della bontà del contratto in essere.
Per la verità davanti al curatore che intenda introdurre le clausole previste dal citato articolo ai
contratti pregressi si aprono due strade alternative: l'una appunto è il recesso, magari
accompagnato dalla stipula di un nuovo contratto d'affitto ex art. 104 bis, l'altra è la modifica del
contratto esistente (entro i canonici sessanta giorni), che consenta, con l'accordo dell'affittuario,
l'introduzione di quelle tutele legali previste dal medesimo articolo. Tra l'altro un nuovo affitto
può essere stipulato dal curatore solo dopo aver posto in essere tutta una serie di attività volte ad
assicurare la massima trasparenza della procedura, che si rivelano purtroppo spesso incompatibili
con le esigenze di snellezza e tempestività sottese alla scelta di tale strumento: stima, pubblicità,
procedura competitiva, valutazione complessiva dell'offerta ("la scelta … deve tenere conto, oltre
che dell'ammontare del canone offerto, delle garanzie prestate e dell'attendibilità del piano di
prosecuzione delle attività imprenditoriali, avuto riguardo alla conservazione dei livelli
occupazionali") richiedono attività complesse e tempi non brevissimi, con il rischio che potenziali
interessati si defilino (in specie il precedente affittuario, nel caso di recesso dall'affitto stipulato
ante procedura) e che l'attività si blocchi irreversibilmente.
Dal punto di vista operativo l'art. 104 bis L. Fall. prevede una ricognizione del curatore
sull'effettiva utilità dello strumento, nell'ottica della successiva vendita dell'azienda (o di suoi
rami), la stima del compendio, anche per determinare l'entità del canone, l'informativa al
Comitato dei creditori, che esprime il proprio parere, l'autorizzazione del G.D.. Ottenuta
l'autorizzazione, il Curatore procede ai sensi dell'art. 107 L. Fall., che impone obblighi
pubblicitari/informativi, soprattutto rivolti, nel caso di specie, a soggetti idonei a rilevare l'impresa
e non semplicemente ad affittarla: si passa quindi alla procedura competitiva, che va informata al
criterio della convenienza economica, in termini di entità del canone e di garanzie offerte per
l'eventuale inadempienza.
Vanno anche presi in considerazione l'attendibilità del piano di prosecuzione dell'attività
imprenditoriale e la conservazione dei livelli occupazionali. Si osservi che questi ultimi due aspetti
vanno intesi come rafforzativi della garanzia di conservazione dei valori esistenti: non vi è alcun
intento di tutela diretta dei lavoratori per esigenze sociali ma solo la convinzione che i livelli
occupazionali possano costituire fattore integrante di valutazione della proposta, che deve
assicurare adeguati standard di efficienza ed equilibrio gestionale: a rafforzare questo assunto
basta osservare che, come vedremo in seguito, nella disciplina della vendita dell'azienda non vi è
alcun riferimento alla conservazione dei livelli occupazionali.
Tra le caratteristiche che il contratto d'affitto deve possedere si evidenziano:
1. Formazione per atto pubblico o scrittura privata autenticata;
2. Descrizione del compendio aziendale con elencazione analitica dei contratti per i quali è
previsto il subentro dell'affittuario;
3. Durata del contratto;
4. Ammontare del canone;
5. Diritto d'ispezione a favore della curatela;
6. Diritto di recesso ad nutum per il curatore;
7. Il rilascio di idonee garanzie per le obbligazioni dell'affittuario in base al contratto ed alla
legge.
E' possibile prevedere il diritto di prelazione all'affittuario previa autorizzazione del G.D. e parere
favorevole del Comitato.
4.3 La cessione dell'azienda
L'art. 105 della Legge fallimentare dispone che la cessione dei singoli beni va considerata
l'extrema ratio la modalità residuale di liquidazione dell'attivo.
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Il curatore deve obbligatoriamente prendere in esame, secondo un rigido schema gerarchico,
l'eventualità di porre in vendita:
a) L'intero complesso aziendale;
b) Rami dello stesso;
c) Beni e rapporti giuridici in blocco,
Qualora ogni tentativo di liquidazione secondo dette modalità non abbia avuto esito, ovvero
quando tali forme non possano consentire "una maggior soddisfazione dei creditori", si potrà
procedere alla cessione atomistica dei beni, dei diritti e dei rapporti contrattuali pendenti.
Va rilevato che, se la maggior soddisfazione dei creditori va principalmente riferita al prezzo
ricavabile, non va sottovalutata nemmeno l'esigenza di celerità: una più rapida conclusione della
procedura consente, tra l'altro, di limitarne i costi e quindi, in definitiva, di massimizzare anche il
risultato per il ceto creditorio.
Delle valutazioni e conclusioni in ordine alla cessione di aggregati (azienda, rami o beni e rapporti
giuridici in blocco) deve dare conto il programma di liquidazione, nel quale pure va presa in
esame l'opportunità di far precedere la cessione "aggregata" da un esercizio provvisorio o da un
affitto d'azienda.
Anche la vendita dell'azienda va effettuata secondo il disposto dell'art. 107 L. Fall., già visto per
l'affitto d'azienda e dettagliatamente commentato in altra parte del presente elaborato.
Il contratto deve assumere la forma dell'atto pubblico o scrittura privata autenticata. I singoli
elementi patrimoniali oggetto di cessione vanno minuziosamente elencati e descritti, possibilmente
prevedendo e disciplinando ogni singola fattispecie riguardante beni, diritti, contratti, eventuali
debiti e crediti oggetto di cessione: in caso contrario difficilmente ci si potrà sottrarre da
controversie con l'acquirente. In specie è il caso di segnalare le distinte obbligazioni di ciascuna
parte in relazione a contratti trasferiti (utenze, leasing ecc.).
Discorso a parte merita la questione dei rapporti di lavoro dipendente, che, per la dottrina
prevalente, soggiacciono alla disciplina generale dei contratti in essere prevista dall'art. 72 L. F.:
sarebbero pertanto soggetti ad una sorta di quiescenza, in attesa che il curatore (che può essere
messo in mora) si pronunci sulla prosecuzione, con effetto ex tunc (dalla data di dichiarazione di
fallimento). Il curatore non può però sciogliersi dal contratto senza giusta causa e la cessione
dell'azienda in quanto tale non implica l'emersione di un giustificato motivo oggettivo. Pertanto il
licenziamento collettivo presuppone la cessazione dell'attività d'impresa.
Per le imprese con più di quindici dipendenti (e forse anche per quelle di minori dimensioni,
purchè con l'assenso di ciascuno dei lavoratori interessati dal trasferimento del rapporto), l'art.
105 co. 3 L. Fall. consente il trasferimento anche solo parziale dei lavoratori. Questa possibilità
però determina il sorgere di questioni complesse, che implicano una profonda conoscenza della
normativa giuslavoristica e che vanno affrontate con molta attenzione fin nei più piccoli
particolari: nella generalità dei casi è opportuno avvalersi di una consulenza professionalmente
qualificata nella materia, che nasconde insidie tali da mettere a rischio l'intera operazione di
cessione d'azienda.
Va ribadito per l'ennesima volta che in ogni caso il criterio di scelta per la vendita dell'azienda
resta quello del massimo realizzo, come peraltro confermato dalla diretta applicabilità alla
cessione d'azienda del comma 4 dell'art. 107 L. Fall., in base al quale il curatore può sospendere
la vendita quando gli sia pervenuta una nuova offerta irrevocabile incrementativa di almeno il
10% rispetto al prezzo offerto, senza che la sospensione sia subordinata a nessun'altra ulteriore
condizione.
Si discute se requisito necessario per la cessione dell'azienda sia il suo funzionamento effettivo
alla data del fallimento. Qualora l'impresa fosse già cessata sarebbe più appropriato parlare di
cessione in blocco ma non si può escludere a priori che un'impresa che abbia sospeso l'attività
(presumibilmente da poco), possa far intravedere potenzialità di ripresa tali da giustificarne un
collocamento come universalità di beni organizzati.
Non va trascurato il fatto che in assenza di un avviamento positivo (goodwill) concretamente
apprezzabile (specie in sede di perizia), risulta remota la possibilità di perseguire la "maggiore
soddisfazione dei creditori" attraverso la cessione di un'azienda in funzionamento, soprattutto
quando si accerti la sussistenza di un badwill (cd. avviamento negativo). Come altrimenti
15
giustificare nell'ottica del massimo realizzo una procedura di vendita che presuppone un prezzo
base inferiore a quello realizzabile tramite altre modalità alternative (per blocchi di beni o per
singoli beni)?
E' possibile pagare il prezzo di cessione attraverso l'accollo di debiti da parte dell'acquirente, a
condizione che non venga alterata la graduazione dei crediti.
E' infine possibile addivenire ad una cessione dell'azienda (o di suoi rami o di altri aggregati
"minori") attraverso il conferimento in altra società, anche neocostituita, secondo lo schema oggi
noto con la definizione di "good company – bad company". A patto di riuscire ad individuare in
tempi ristrettissimi il soggetto adatto cui affidare la gestione, ciò consentirebbe di dare il tempo
alla curatela di individuare le migliori condizioni per la successiva alienazione delle proprie quote
a terzi o, anche, per l'attribuzione delle stesse ai creditori. Fino ad oggi una tale evenienza è
rimasta circoscritta a situazioni particolarissime (es.: nuclei produttivi di notevoli dimensioni,
aziende operanti in settori strategici, rami d'azienda facilmente individuabili dotati di potenzialità
reddituali significative), che ben difficilmente si presentano nella generalità dei casi.
4.4 Il trasferimento dei diritti sulle opere dell'ingegno, sulle invenzioni industriali e sui marchi
La disciplina sul trasferimento in sede fallimentare dei diritti in questione è dettata dall'art. 108 ter
della legge fallimentare.
Detto articolo fa espresso richiamo alle norme procedimentali contenute nelle leggi speciali, senza
nemmeno prevedere cosa accade nel caso la norma speciale appaia incompatibile con la disciplina
fallimentare: in dottrina non mancano i fautori della tesi dell'applicazione delle leggi speciali a
prescindere e quelli che ritengono prevalente la normativa fallimentare in caso di incompatibilità.
Resta comunque fatto assodato che prevale la regola dell'art. 105 L. Fall., che impone la
preventiva valutazione della cessione dell'azienda (o comunque aggregata) prima di procedere alla
cessione dei singoli beni o diritti.
Nello specifico i diritti per l'utilizzazione delle opere dell'ingegno (tra i quali possono essere
annoverate le banche dati rispondenti a particolari requisiti), che non sono soggetti ad alcuna
disciplina speciale per la vendita forzata, possono essere ceduti attraverso le procedure di cui
all'art. 107 L. Fall..
Per le invenzioni industriali e i marchi l'art. 137 del d. lgs. 30/2005 disciplina la vendita forzata
dei titoli di proprietà industriale, con espresso rimando al codice di procedura civile. In particolare
vanno seguite particolari procedure per l'avviso ai creditori iscritti, il contenuto del verbale di
aggiudicazione, la redazione del decreto di aggiudicazione e la sua trascrizione presso l'Ufficio
Italiano Brevetti e Marchi, che, analogamente a quanto previsto dall'art. 108 co. 2 L. F. per le
vendite fallimentari, potrà essere effettuata solo dopo il versamento del prezzo, che è condizione
essenziale anche per la cancellazione dei vincoli.
Non è comunque necessario trascrivere la sentenza di fallimento(v. art. 16 u. c. L. F.) che avrebbe
solo efficacia di pubblicità notizia ma non determina l'opponibilità ai terzi, per la quale è
sufficiente l'iscrizione al registro delle imprese. Al contrario va trascritta la vendita.
Se il marchio è costituito da un semplice segno figurativo, da una denominazione di fantasia o da
una ditta, va presunto che l'uso esclusivo sia trasferito insieme all'azienda: andrà quindi
specificato nell'atto di trasferimento se questo includa anche il marchio e, in caso affermativo,
provvedere alla trascrizione presso il suddetto ufficio.
Si segnala da ultimo che è ormai da alcuni anni venuto meno il cosiddetto "vincolo aziendale" e
pertanto è oggi possibile la cessione autonoma del marchio (con l'unico limite della tutela del
consumatore per il rischio di confusione): tale scelta resta comunque subordinata alla valutazione
in ordine alla massimizzazione della soddisfazione dei creditori.
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5. LA CESSIONE DELLE PARTECIPAZIONI
Il secondo comma dell'art.106 LF si occupa specificamente della vendita di quote di società, che
altro non sono che un diritto di credito, ma non detta regole specifiche da seguire, salvo che per le
quote di società a responsabilità limitata. In questo caso rinvia all'art. 2471 cc, che si occupa
dell'espropriazione della quota di partecipazione. Le regole dell'esecuzione coattiva individuale,
stante l'affinità delle procedure collettive e di quelle individuali, sono applicabili – in quanto
compatibili- alla procedura concorsuale, con gli opportuni aggiustamenti.
5.1 Le partecipazioni nel programma di liquidazione
Nel programma di liquidazione risulta opportuno:
- Identificare le partecipazioni acquisite al fallimento, specificando se trattasi di quote/azioni
liberamente o non liberamente trasferibili;
- Specificare di avere provveduto a richiedere ad un esperto la stima delle medesime (salvo
motivare la non opportunità o non convenienza alla stima);
- Specificare, per le quote di società a responsabilità limitata, che:
• si notificherà alla società, ai sensi dell'art 2471 cc, il programma di liquidazione,
contenente le modalità che il Curatore intende seguire per la liquidazione della quota
di partecipazione;
• si notificherà, parimenti, il successivo provvedimento del G.D. che autorizza il singolo
atto di vendita della quota di partecipazione del socio fallito.
- Specificare, con riferimento alle quote /azioni non liberamente trasferibili (cioè vincolate
da statuto, cedibili solo col gradimento della società o previa offerta in prelazione agli altri
soci), che si procederà preliminarmente ad interpellare gli altri soci detentori di
quote/azioni. Se l'accordo-cessione non sarà possibile, si procederà alla vendita nelle
forme di cui all'art.107 LF.
5.2 Vendita di quote di società di persone
Producendo il fallimento l'esclusione di diritto del socio illimitatamente responsabile ex art.
2288 cc, il curatore dovrà chiedere alla società la liquidazione della quota, sulla base della
situazione patrimoniale esistente al momento dello scioglimento del rapporto sociale –art.
2289 cc- ovvero alla data di apertura del fallimento. Per valore effettivo della quota non
s'intende quello desumibile dall'ultimo bilancio d'esercizio, bensì dall'effettiva consistenza
patrimoniale al momento dello scioglimento del rapporto sociale; si dovrà quindi tener conto
del valore dell'avviamento dell'azienda, degli utili e delle perdite sulle operazioni in corso.
Per quanto concerne le società in accomandita semplice, la legge non detta norme specifiche
per la liquidazione delle quote dei soci accomandanti (non operando il 2° comma dell'art.106
LF che si riferisce esclusivamente alla srl). In tale caso parte della dottrina è del parere di una
totale libertà di forme svincolate dall'obbligo della pubblicità e dell'incanto; altra è
viceversa orientata a ritenere che la procedura di vendita vada incanalata nell'alveo generale
di cui all'art.107 LF.
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5.3 Vendita di azioni o quote di società di capitali
Adempimenti preliminari a carico del curatore per le sole quote di società a responsabilità
limitata (art 2471 cc):
1) La sentenza dichiarativa di fallimento del socio di società a responsabilità limitata va
comunicata agli amministratori della società partecipata, con la specifica richiesta a questi
ultimi di procedere alla comunicazione dell'intervenuto fallimento del socio al Registro
delle Imprese.
2) Il programma di liquidazione, contenente le modalità che il Curatore intende seguire per la
liquidazione della quota di partecipazione, va notificato alla società; va parimenti
notificato il successivo provvedimento del G.D. che autorizza il singolo atto di vendita
della quota di partecipazione del socio fallito.
Modalità della vendita di azioni e quote di società di capitali
Quando si tratta di azioni/quote liberamente trasferibili le forme sono quelle dell'art.107 LF,
ovvero si procede alla stima ed alle procedure competitive, con eventuale delega a soggetti
specializzati. Ciò anche nel caso in cui siano pervenute offerte di acquisto da aprte degli altri
soci anteriormente all'apertura della procedura competitiva.
Se, viceversa, le azioni/quote non sono liberamente trasferibili (cioè sono vincolate da
statuto, cedibili solo col gradimento della società o previa offerta in prelazione agli altri soci),
la normativa introdotta con la modifica delle società (d.lgs. n.6/2003) impone preliminarmente
d'interpellare i soci detentori di quote. Se l'accordo-cessione non sarà possibile, si procederà
nelle forme di cui all'art.107 LF.
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6. LE AZIONI RISARCITORIE, RECUPERATORIE, REVOCATORIE
Ai sensi dell'art. 104-ter, c.2, lett.c), LF, il curatore, sulla base delle informazioni apprese durante
l'inventario e l'esame della documentazione aziendale e delle scritture contabili, deve specificare
nel programma di liquidazione "le azioni risarcitorie, recuperatorie e revocatorie da esercitare ed il
loro possibile esito".
6.1 LE AZIONI RISARCITORIE
Tra le azioni che il curatore può esercitare al fine di reintegrare la garanzia patrimoniale del
debitore fallito si possono richiamare le seguenti azioni risarcitorie:
• Azione di responsabilità contro gli amministratori, i componenti degli organi di controllo, i
direttori generali e i liquidatori ex artt. 2393 e 2476 c.c. e 146, c.2, lett. a), LF
• Azione di responsabilità contro i soci di società a responsabilità limitata ex artt. 2476, c.7, c.c.
e 146, c.2, lett. b), LF
• Azione di responsabilità per direzione e coordinamento ex art. 2497 c.c.
6.2 LE AZIONI RECUPERATORIE
6.2.1 Gli atti ed i pagamenti inefficaci ex lege
Il curatore può agire in giudizio invocando l'inefficacia di diritto:
• degli atti compiuti e dei pagamenti eseguiti dal fallito dopo la dichiarazione di fallimento (art.
44, c.1, LF);
• dei pagamenti ricevuti dal fallito dopo la dichiarazione di fallimento (art. 44, c.2, LF);
• degli atti a titolo gratuito compiuti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di
fallimento (art.64 LF);
• dei pagamenti dei crediti che scadono il giorno della dichiarazione di fallimento o
successivamente a questa, eseguiti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di
fallimento (art.65 LF).
A differenza di quanto previsto per l'azione revocatoria fallimentare per la quale, oltre al
compimento degli atti pregiudizievoli per i creditori, rileva il concorrente requisito soggettivo
della scientia decoctionis, nelle azioni di inefficacia deve essere valutata la mera realizzazione
dell'atto o del pagamento.
6.2.2 Le azioni recuperatorie "ordinarie"
Il curatore, in forza dell'art. 43 LF, subentra all'organo amministrativo delle società fallite o
all'imprenditore fallito nella legittimazione processuale attiva in relazione a rapporti di diritto
patrimoniale.
Il curatore può quindi agire in giudizio attivando le più opportune azioni recuperatorie "ordinarie"
previste dalla legge, previo ottenimento delle debite autorizzazioni.
6.3 LE AZIONI REVOCATORIE
6.3.1 Il periodo sospetto
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Il Curatore può agire in giudizio con l'azione revocatoria (ordinaria o fallimentare) per far
dichiarare l'inefficacia di atti o contratti posti in essere dal debitore se compiuti in un determinato
periodo temporale. Tale periodo viene considerato "sospetto" in quanto molto prossimo alla
dichiarazione di fallimento e, con differenti gradi di presunzione, sintomatico dello stato di
insolvenza del debitore.
Gli atti di disposizione del patrimonio compiuti in tale arco temporale sono ritenuti dalla legge
lesivi della par condicio creditorum e, pertanto, possono essere dichiarati inefficaci. Il periodo
"sospetto" varia a seconda della tipologia dell'atto, come di seguito indicato:
ATTI
PERIODO
SOSPETTO
• Pagamenti anticipati
• Atti a titolo gratuito 2 anni
• Contratti o atti con prestazioni notevolmente sproporzionate
• Pagamenti con mezzi anormali
• Garanzie per debiti preesistenti
1 anno
• Contratti o atti a titolo oneroso
• Pagamenti
• Garanzie per debiti contestualmente creati
6 mesi
6.3.2 L'azione revocatoria ordinaria
A norma dell'art. 66 LF, il curatore può agire in giudizio con l'azione revocatoria ordinaria per far
dichiarare inefficaci gli atti o i contratti posti in essere dal debitore in data antecedente al proprio
fallimento, con la consapevolezza di arrecare pregiudizio ai propri creditori.
L'azione revocatoria ordinaria è disciplinata dall'art.2901 c.c. e può essere esercitata dal curatore
secondo le norme del codice civile.
I presupposti richiesti dalla legge per l'esercizio dell'azione revocatoria ordinaria sono:
• l'atto dispositivo
• l'eventus damni
• il consilium fraudis
Il curatore dovrà provare, cioè, che il debitore ( o il terzo in caso di atto a titolo oneroso) ha posto
in essere consapevolmente un atto suscettibile di arrecare pregiudizio al proprio patrimonio e
dunque ai creditori.
L'azione revocatoria ordinaria può riguardare qualsiasi atto negoziale compiuto dal debitore prima
della dichiarazione di fallimento: non è previsto alcun periodo sospetto da considerare, ma
l'azione si prescrive nel termine di cinque anni dal compimento dell'atto pregiudizievole.
L'azione revocatoria ordinaria sarà verosimilmente attivata dal curatore solo per revocare atti
compiuti oltre il periodo sospetto all'interno del quale sia possibile un'azione revocatoria
fallimentare.
L'azione revocatoria fallimentare è infatti preferibile, ove possibile, in ragione del minor requisito
probatorio ad essa connesso prescindendo totalmente dal riconoscere all'elemento della scienza
damni un qualche effetto giuridico.
In altre parole, la revocatoria fallimentare prescinde dall'aspetto psicologico del fallito sull'atto di
disposizione compiuto.
Sul presupposto che il debitore in stato di crisi non possa non conoscere la propria situazione di
insolvenza, la scienza damni è, per così dire, attribuita per legge al soggetto insolvente.
L'azione revocatoria ordinaria, inoltre, non consente la ripetizione del pagamento di un debito
scaduto.
20
6.3.3 L'azione revocatoria fallimentare
L'azione revocatoria ex art. 67 LF è uno strumento finalizzato alla ricostituzione del patrimonio
del fallito che mira a far rientrare nello stesso quanto ne era uscito nel periodo antecedente al
fallimento (il cosiddetto periodo sospetto).
L'azione revocatoria consente, infatti, di colpire gli atti del debitore insolvente che hanno inciso
sul suo patrimonio in violazione del principio della par condicio creditorum.
Attraverso tale azione il curatore può rendere inefficaci gli atti di disposizione, i pagamenti e le
garanzie poste in essere dal fallito nell'anno o nei sei mesi antecedenti al fallimento,
conseguentemente imponendo ai terzi che hanno ottenuto beni o denaro di restituire quanto
ricevuto, o, se hanno ottenuto garanzie, retrocedendoli dal rango privilegiato a quello
chirografario.
a) Presupposti oggettivi
Il presupposto oggettivo dell'azione revocatoria, oltre all'inquadramento dell'atto tra quelli a titolo
oneroso (qualora fosse a titolo gratuito, rientrerebbe tra gli atti inefficaci ex art. 64 LF), è l'eventus
damni, cioè la diminuzione della garanzia patrimoniale dei creditori prevista dall'art. 2740 c.c.
Il danno sarà in re ipsa ogni volta in cui un bene sarà uscito dalla massa in conseguenza di un atto
di disposizione del creditore.
b) Presupposti soggettivi
Presupposto soggettivo dell'azione revocatoria è la conoscenza dello stato di insolvenza in cui
versava l'imprenditore successivamente fallito nel momento in cui ha posto in essere l'atto
revocabile (la cd. scientia decoctionis).
Il curatore dovrà provare la scientia decoctionis solo nel caso di atti cosiddetti "normali" (art. 67,
c.2, LF); qualora invece il curatore agisca per la revocatoria di un atto caratterizzato da elementi di
anormalità (art.67. c.1, LF) la conoscenza dello stato di insolvenza si presume in capo al
convenuto, il quale, in ogni caso, potrà fornire prova contraria.
c) I termini di proposizione dell'azione
A norma dell'art. 69 bis LF, le azioni revocatorie possano essere esercitate entro tre anni dalla
sentenza dichiarativa di fallimento (termine di decadenza) e, in ogni caso, entro cinque anni dal
compimento dell'atto (termine di prescrizione).
d) Gli atti revocabili
Gli atti "anormali" (art. 67, c.1, LF)
L'art. 67, c.1, LF prevede quattro fattispecie di atti soggetti a revocatoria che si è soliti definire
come "atti anormali" perché le caratteristiche delineate per ciascuno collocano gli stessi al di fuori
delle attività caratterizzanti la gestione ordinaria dell'impresa.
Tali atti, se compiuti entro il periodo sospetto di un anno anteriore al fallimento (di sei mesi per
quanto concerne la quarta categoria), sono revocati "salvo che l'altra parte non provi che non
conosceva lo stato di insolvenza del debitore", con ciò integrandosi presunzione, in capo al
soggetto che ha contratto con il debitore, della scientia decoctionis e dunque inversione dell'onere
della prova.
Gli atti "sproporzionati" (art. 67, c.1, n.1, LF)
In virtù di quanto disposto dall'art. 67, c.1, n.1, LF, sono soggetti a revocatoria fallimentare gli atti
a titolo oneroso compiuti nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento in cui le prestazioni
eseguite o le obbligazioni assunte dal fallito superano di oltre un quarto le controprestazioni del
terzo.
I pagamenti con mezzi anomali (art. 67, c.1, n.2, LF)
21
In virtù di quanto disposto dall'art. 67, c.1, n.2, LF, sono soggetti a revocatoria fallimentare se
compiuti nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, gli atti estintivi di debiti pecuniari
scaduti ed esigibili non effettuati con denaro e con altri mezzi normali di pagamento.
Per consolidato orientamento giurisprudenziale, l'anormalità del mezzo deve essere valutata in
base agli usi commerciali, pertanto essa non sussiste qualora l'estinzione del debito sia avvenuta
con cambiale, assegni bancari, vaglia bancari.
Integra generalmente i presupposti di revocabilità il pagamento avvenuto tramite datio in solutum
di cui all'art. 1197 c.c., nonché la cessione di credito con finalità solutoria, con salvezza delle
ipotesi in cui la cessione sia stata prevista come mezzo di estinzione contestuale al sorgere del
debito con essa estinto.
Le garanzie per debiti preesistenti (art. 67, c.1, n.3 e 4, LF)
In virtù di quanto disposto dall'art. 67, c.1, n.3 e 4, LF, sono soggetti a revocatoria fallimentare, i
pegni, le anticresi e le ipoteche volontarie costituiti nell'anno anteriore alla dichiarazione di
fallimento per debiti preesistenti, o entro i sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento per
debiti scaduti.
E' evidente l'anormalità dell'atto, sintomatico della conoscenza del dissesto, dal momento che le
garanzie sono prestate usualmente in concomitanza con la concessione del credito.
Gli atti "normali" (art. 67, c.2, LF)
L'art. 67, c.2, LF prevede due fattispecie di atti "normali" soggetti a revocatoria.
Tali atti, se compiuti entro il periodo sospetto di sei mesi anteriori al fallimento, sono revocati "se
il curatore prova che l'altra parte conosceva lo stato d'insolvenza del debitore" successivamente
fallito.
I pagamenti di debiti liquidi ed esigibili
La prima fattispecie in esame è quella dei "pagamenti di debiti liquidi ed esigibili", ossia quei
pagamenti che, per il debitore, costituivano atti dovuti.
Si considerano assoggettabili a revocatoria anche i pagamenti coattivi, quelli cioè che il creditore
non ottiene spontaneamente dal debitore ma ottiene all'esito di una procedura di esecuzione
forzata.
Le garanzie contestuali
La seconda fattispecie è quella degli atti costitutivi di diritti di prelazione per debiti
contestualmente creati. A titolo esemplificativo si rammenta la fattispecie relativa alla
precisazione di garanzia da parte del fallendo a favore di terzi mutuatari.
6.3.4 Gli atti sottratti all'azione revocatoria
I commi 3 e 4 dell'art. 67 LF, prevedono una serie di atti e contratti che vengono sottratti
all'azione revocatoria, sebbene posti in essere durante il periodo sospetto.
I pagamenti di beni e servizi effettuati nell'esercizio dell'attività di impresa nei
termini d'uso
L'art.67, c.3, lett. a), LF prevede, in deroga al generale principio della par condicio creditorum,
l'esenzione dalla revocatoria dei pagamenti di beni e servizi eseguiti nell'esercizio dell'attività
d'impresa nei termini d'uso.
L'esenzione dalla revocatoria dei pagamenti di beni e servizi effettuati nell'esercizio dell'attività
d'impresa copre gli atti solutori posti in essere in esecuzione di rapporti attraverso i quali
l'imprenditore, poi fallito, procura i mezzi strettamente necessari per la continuità del ciclo
produttivo (esempio: pagamento di energia elettrica o altre utenze in virtù di contratti di
somministrazione, pagamento di materie prime indispensabili per il completamento di una
commessa).
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Le rimesse solutorie su conto corrente bancario, anche con riferimento all'art. 70, c.3,
LF
L'art. 67, c.3, lett.b), LF prevede l'esenzione da revocatoria delle rimesse effettuate su un conto
corrente bancario, purché non abbiano ridotto in maniera significativa e durevole l'esposizione del
fallito nei confronti della banca.
Attraverso una progressiva evoluzione giurisprudenziale sono stati posti alcuni limiti all'esenzione
attraverso:
• l'individuazione delle rimesse esenti, non aventi natura solutoria, da quelle invece
potenzialmente revocabili, in quanto finalizzate al consistente e durevole (definitivo)
abbattimento dell'esposizione debitoria del fallendo nei confronti della banca;
• l'individuazione della "esposizione debitoria" quale "insieme dei debiti" del fallendo nei
confronti della banca;
• l'individuazione del limite percentuale oltre il quale la consistenza della riduzione deve
ritenersi acclarata. A titolo esemplificativo, la giurisprudenza della Suprema Corte ha
progressivamente individuato nel 10% il limite al di sotto del quale l'effetto riduttivo non
possa considerarsi consistente e nel 25% la percentuale oltre la quale la riduzione è acclarata.
Laddove sussistano tutti i presupposti di non applicabilità dell'esenzione ex art. 67, c.3, lett. b),
LF in ogni caso, ai sensi dell'art. 70, c.3, LF, laddove la revoca abbia ad oggetto atti estintivi di
posizione passive derivanti da rapporti di conto corrente bancario, l'istituto sarà tenuto alla
restituzione unicamente nei limiti della somma risultante dalla differenza tra l'ammontare
massimo raggiunto dalle sue pretese e l'ammontare residuo alla data di apertura della procedura
concorsuale.
Le vendite a giusto prezzo degli immobili ad uso abitativo
L'art. 67, c.3, lett.c), LF prevede l'esenzione da revocatoria delle vendite e dei preliminari di
vendita trascritti relativi ad immobili abitativi ceduti al giusto prezzo e destinati a costituire
l'abitazione principale dell'acquirente e dei suoi parenti ed affini entro il terzo grado.
La norma mira a tutelare sia l'acquirente in buona fede, sia quello che conosceva lo stato di
insolvenza del venditore al momento della conclusione del contratto (purché l'acquisto sia
avvenuto ad un giusto prezzo). La norma esonera da revocatoria anche le vendite di immobili ad
uso non abitativo destinati a costituire la sede principale dell'attività d'impresa dell'acquirente,
purchè alla data di fallimento tale attività sia effettivamente esercitata o siano stati compiuti gli
investimenti per darvi inizio.
I pagamenti di prestazioni di lavoro
L'art. 67, c.3, lett.f), LF prevede l'esenzione da revocatoria dei pagamenti dei corrispettivi per
prestazioni di lavoro effettuate in favore del fallito da dipendenti ed altri collaboratori anche non
subordinati.
Si esclude l'applicabilità della fattispecie ai pagamenti ricevuti dagli amministratori della società,
così come dai professionisti che svolgono un singolo incarico.
I pagamenti di servizi per l'accesso al concordato preventivo
L'art. 67, c.3, lett.g), LF prevede l'esenzione da revocatoria degli atti, dei pagamenti e delle
garanzie posti in essere per ottenere la prestazione di servizi connessi all'accesso al concordato
preventivo.
Gli atti esecutivi di piani di risanamento, accordi di ristrutturazione dei debiti e
concordati preventivi
L'art. 67, c.3, lett.d) ed e), LF contiene ipotesi di esenzione dalla revocatoria, rispettivamente, di:
a) atti, pagamenti e garanzie purché posti in essere in esecuzione di un piano che appaia
idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell'impresa e ad
assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria; in tal caso, un professionista
indipendente dovrà attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano;
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b) atti, pagamenti e garanzie posti in essere in esecuzione del concordato preventivo,
dell'amministrazione controllata, nonché dell'accordo omologato ai sensi dell'articolo
182-bis LF, nonché gli atti, i pagamenti e le garanzie legalmente posti in essere dopo il
deposito del ricorso di cui all'articolo 161 LF.
Gli atti inerenti operazioni di credito fondiario
L'art. 67, c.4, LF, esclude l'assoggettabilità a revocatoria di tutte le operazioni di credito fondiario
poste in essere da banche o altri soggetti.
Le altre fattispecie di esenzione
L'art. 67, c.4, LF prevede ulteriori ipotesi minori di esclusione dalla revocatoria e prevede
espressamente che altre possano derivare da leggi speciali.
Tra queste ultime ricordiamo, a titolo esemplificativo, l'esenzione prevista dal d.lgs. 122/2005,
volta a tutelare i diritti degli acquirenti di immobili da costruire, a patto che l'acquirente si
impegni a trasferirvi, entro dodici mesi dalla data d'acquisto, la residenza (propria o di parenti e
affini entro il terzo grado), e sempreché l'atto sia stato posto in essere "al giusto prezzo".
6.3.5 L'azione revocatoria degli atti tra coniugi
L'art. 69 LF prevede la revocabilità degli atti compiuti tra coniugi nel periodo di tempo in cui il
fallito esercitava un'impresa commerciale.
Si tratta di una deroga all'ordinario regime revocatorio, sia sotto il profilo dell'estensione del
periodo sospetto (anche oltre i due anni precedenti alla dichiarazione di fallimento), sia sotto il
profilo della presunzione della scientia decoctionis, senza alcuna distinzione tra gli atti previsti dai
primi due commi dell'art. 67 LF
In sostanza, spetterà al convenuto in revocatoria dimostrare che il disponente non versava ancora
in stato di insolvenza al momento dell'atto.
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7. LA COMPENSAZIONE, IL RIMBORSO E LA CESSIONE DEI CREDITI
FISCALI
7. 1 LA COMPENSAZIONE DEI CREDITI FISCALI
7.1.1 Compensazione in presenza di iscrizioni a ruolo
Come è noto, a partire dall'01/01/2011 con l'art.31, D.L. 78/2010, come convertito con la
L.122/2010, è stato previsto il divieto di compensare crediti relativi alle imposte erariali laddove a
carico del contribuente siano stati iscritti a ruolo debiti per importo superiore a €.1.500,00= e
siano già decorsi i termini per il tempestivo pagamento (vale a dire fino alla scadenza dei sessanta
giorni dalla notifica dell'atto).
La norma riguarda "imposte erariali" e non anche crediti e debiti contributivi (INPS e
INAIL).
Nello stesso tempo si esplicita che rientrano solo le imposte il cui gettito va allo Stato e
non a Regioni ed Enti Locali. Unico dubbio ad oggi non chiarito riguarda l'IRAP, non essendo
considerato "tributo proprio" delle regioni, ma rientrante nella esclusiva competenza dello Stato in
materia di tributi erariali.
La sanzione prevista per l'indebita compensazione è pari al 50% dell'importo
indebitamente compensato e si calcola sull'intero ruolo, comprensivo di sanzioni, interessi e aggio.
In altri termini la compensazione orizzontale, ai sensi dell'art.17 I comma del DL
n.78/2010, è vietata fino a concorrenza dell'importo dei debiti iscritti al ruolo.
Tale preclusione, che di fatto avrebbe impedito alle procedure concorsuali, tipicamente
caratterizzate da significative iscrizioni a ruolo, di compensare i propri eventuali crediti, è stata
tuttavia circoscritta dalla Circolare della Agenzia delle Entrate n. 13 dell'11/03/2011.
Al paragrafo 3 della predetta circolare viene infatti precisato come la presenza di debiti
erariali iscritti a ruolo nei confronti del fallito, scaduti e non pagati, ma maturati in data
antecedente all'apertura della procedura concorsuale non sia causa ostativa alla compensazione di
crediti e debiti erariali formatisi, invece, nel corso della procedura stessa.
Trova conferma quanto già precisato con la risoluzione n. 279 del 2002 laddove si legge
come non possa operare la compensazione fra crediti o debiti verso il fallito e, rispettivamente,
debiti o crediti verso la massa fallimentare. Le posizioni del rapporto debitorio e del rapporto
creditorio sono relative a soggetti diversi (il debitore insolvente e la massa concorsuale) e a
momenti diversi rispetto alla dichiarazione di fallimento, con conseguente illegittimità della
eventuale compensazione, salvo il caso del trascinamento dell'attività del fallito nella procedura
(c.d. esercizio provvisorio).
7.1.2 Utilizzo del credito IVA maturato ante-fallimento
Il Curatore dovrà prestare la massima attenzione qualora intenda utilizzare in
compensazione (orizzontale o verticale) il credito Iva maturato ante-fallimento. Di seguito
verranno illustrate le criticità riscontrate nella pratica, al fine di rendere il più possibile chiaro cosa
è opportuno fare nelle varie situazioni che si possono creare dopo il fallimento.
Qualora la società al momento del fallimento, vanti un credito Iva, tale importo verrà
indicato sia nella comunicazione Iva 74/bis (da redigere entro 4 mesi dal fallimento), sia nella
dichiarazione Iva relativa all'anno solare del fallimento (modulo n.1-periodo pre-fallimentare).
Dal punto di vista normativo non vi sono preclusioni esplicite all'utilizzo di tale credito in
compensazione Iva da Iva a partire dalla liquidazione (mensile o trimestrale) successiva al
fallimento.
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Tuttavia, qualora il curatore ritenga (o abbia un ragionevole dubbio) che vi siano state
operazioni fraudolente concernenti l'Iva (ad es. emissione o ricezione di fatture "dubbie",
detrazione di iva non detraibile, operazioni rilevanti in settori a rischio quali compravendita
autovetture dall'estero, rottami, cessioni o acquisti di immobili, operazioni con società poco
affidabili ecc.), farà bene ad astenersi dall'utilizzare tale credito in compensazione Iva da Iva con
l'eventuale debito Iva creatosi post-fallimento.
Sarà opportuno "congelare" il credito ed effettuare ulteriori verifiche, onde evitare di
vedersi disconosciuto l'importo nell'eventualità di una verifica documentale sulle operazioni antefallimento
da parte dell'Amministrazione Finanziaria.
In linea generale è opportuno che il Curatore si astenga dall'utilizzare nel corso della
procedura eventuali crediti Iva se e quando avrà rilevato irregolarità che andranno riportate nella
relazione art. 33 LF. Questo poiché quanto verbalizzato nella relazione potrebbe dare lo spunto a
verifiche fiscali sui periodi ante-fallimento.
Qualora poi il Curatore intenda utilizzare il credito Iva ante-declaratoria in compensazione
con debiti di diversa natura, ricorre l'obbligo di certificare tale credito mediante visto di
conformità richiesto dall'art. 10 del D.L. 78/2009 (con l'eccezione della franchigia stabilita in €
15.000 di credito liberamente compensabile). Nel caso del visto di conformità, si evidenzia la
necessità che il Curatore, anche qualora possegga dei requisiti per apporre il visto di conformità,
venga autorizzato ad incaricare un diverso professionista per convalidare il credito, con ciò
rispettando anche il requisito di terzietà dell'asseveratore.
Tuttavia il Curatore dovrà attentamente verificare la convenienza di tale operazione,
poiché, in presenza di debiti erariali iscritti a ruolo per importi superiori ad € 1.500, opera
comunque il divieto di compensazione di cui al paragrafo precedente.
Quanto all'utilizzo di tale credito in compensazione con altre imposte, valgono le
raccomandazioni esposte in precedenza: al di là dell'esistenza formale del credito nelle
liquidazioni iva, questo venga utilizzato solo e soltanto nel caso in cui non vi siano ragionevoli
dubbi circa le modalità della sua formazione nel periodo pre-fallimentare.
7.1.3 Utilizzo del credito IVA maturato post-fallimento
Quanto al credito Iva sorto nel corso della procedura, per esso valgono le regole ordinarie
della normativa fiscale in materia di compensazione per cui:
- possibilità di compensazione Iva da Iva senza formalità;
- possibilità di compensazione con altri debiti fino ad € 5.000 senza formalità;
- possibilità di compensazione oltre € 5.000# e fino ad € 15.000# esclusivamente attraverso
i servizi telematici dell'Agenzia delle Entrate, a decorrere dal sedicesimo giorno del mese
successivo alla presentazione della dichiarazione da cui emerge il credito;
- possibilità di compensazione oltre € 15.000# e fino ad € 516.456,90# a decorrere dal
sedicesimo giorno del mese successivo alla presentazione della dichiarazione da cui
emerge il credito, sulla quale dovrà essere apposto il visto di conformità.
Tali limiti riguardano la compensazione del credito Iva esposto nella dichiarazione Iva annuale e
non il credito Iva maturato in sede di liquidazioni periodiche (mensili o trimestrali) effettuate in
corso d'anno, per le quali non operano le limitazioni sopra esposte.
7.2 IL RIMBORSO E LA CESSIONE DEI CREDITI FISCALI
I crediti fiscali che è possibile chiedere a rimborso o cedere in corso, o alla chiusura della
procedura fallimentare, sono quelli derivanti dal credito Iva (maturato ante e/o post dichiarazione
di fallimento) e dal credito Ires per ritenute subite sugli interessi attivi del conto corrente della
procedura (quindi maturato post fallimento).
Nel caso di cessione del credito (sia esso Iva o Ires), il curatore (debitamente autorizzato
dal Comitato dei Creditori ed informato il Giudice Delegato) provvederà a sottoscrivere un
preliminare di cessione dei crediti la cui formalizzazione avverrà davanti ad un Notaio. Tutte le
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pratiche burocratiche sono svolte dalle società cessionarie. I crediti vengono acquistati da queste
società per un valore che varia solitamente dal 40% al 65% del nominale. E' opportuno farsi
rilasciare, in un'ottica di mercato competitivo, alcuni preventivi da parte di società note sul
mercato.
Vediamo ora nel dettaglio quali sono i crediti fiscali per i quali è possibile chiedere il rimborso.
7.2.1 Rimborso del credito IVA maturato ante-fallimento.
E' quello relativo a dichiarazioni IVA presentate prima del fallimento dalla società in bonis
per le quali era già stata presentata istanza di rimborso (e che il curatore solitamente si trova
"bloccato" a causa di pendenza erariali), o a quello risultante dalla dichiarazione Iva dell'anno
antecedente il fallimento.
E' pacifico che il credito maturato ante procedura di fallimento, in pendenza di ruoli
esattoriali, non viene liquidato dall'Amministrazione Finanziaria dello Stato. Poiché le eventuali
cessioni di crediti devono avvenire pro-soluto, difficilmente troveremo qualche società finanziaria
disposta ad acquistarlo.
Nel caso in cui la procedura abbia capienza per saldare integralmente i creditori privilegiati
(e dunque anche le concessionarie alla riscossione), anche la richiesta di rimborso del credito
maturato ante dichiarazione di fallimento potrà essere accolto dall'Amministrazione Finanziaria
ed erogato direttamente al curatore, ovvero ceduto a terze società (i casi sono identici a quelli
delle società in bonis).
Nel caso di richiesta diretta da parte del curatore, questi non dovrà presentare alcun tipo di
garanzia (titoli di Stato o fidejussioni) fino alla concorrenza di € 258.228,45.
Vediamo i due casi (analoghi alle società in bonis):
1) Rimborso IVA a seguito della chiusura della partita IVA (circolare n°3 del 28-01-1992). E'
possibile chiudere la partita IVA nel caso in cui il Curatore ritenga che la procedura
fallimentare non svolgerà più attività ai fini IVA e, in ogni caso, se non esistono più
attività da liquidare, né fatture da ricevere. In tal caso però resterà esclusa (e quindi persa)
l'imposta a credito pagata sul compenso al curatore o altri compensi (coadiutori, legali) o
spese impreviste. Se si ritiene di percorrere questa strada è opportuno che venga liquidato
un acconto sul compenso del curatore prima di chiudere la partita IVA e comportarsi
analogamente con gli ausiliari del fallimento.
2) Rimborso dell'IVA che emerge dalla dichiarazione annuale, alle condizioni previste
dall'art. 30 del DPR 633/72, 4° comma, ossia il rimborso della minore eccedenza detraibile
nel triennio (compresa l'annualità oggetto della dichiarazione IVA a rimborso). E' un caso
che può essere assolutamente sfruttato di fronte al pagamento integrale dei debiti fiscali in
sede di riparti parziali.
Si segnala una recentissima sentenza della Corte di Cassazione (n°5851 del 13-04-2012) che ha
stabilito che una società (e dunque anche una società fallita) ha diritto al rimborso IVA connesso
alla cessazione dell'attività, in mancanza di operazioni imponibili, ancorchè non sia ancora stata
disposta la cancellazione della stessa dal registro delle Imprese.
7.2.2 Rimborso del credito IVA maturato post-fallimento.
Sono crediti della "massa" e l'amministrazione finanziaria dello Stato non può invocare la
compensazione art. 56 LF.
In pratica, possono essere chiesti a rimborso (con le due modalità indicate nel paragrafo
precedente), o ceduti a terze società, anche in presenza di ruoli esattoriali insinuati al passivo del
fallimento e non pagati.
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7.2.3 Rimborso del credito IRES per ritenute su interessi.
Ci si riferisce al credito relativo alle ritenute effettuate sugli interessi attivi del conto
corrente intestato al fallimento.
Soprattutto in casi di fallimenti aperti da alcuni anni e con saldi di conto corrente
mediamente elevati, le ritenute subite sugli interessi attivi di conto corrente bancario possono
raggiungere anche importi assai rilevanti (facilmente desumibili dagli estratti conto scalare).
In questo caso, per poter chiedere il rimborso è necessario chiudere il fallimento (a
differenza del credito IVA) perché la richiesta di rimborso viene fatta in seno alla compilazione del
Modello Unico che copre tutto il maxi-periodo fallimentare.
Aldo Massimo Rossi
Dottore Commercialista – Revisore Contabile
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