mercoledì 27 aprile 2016

Bonus prima casa anche con abitazioni contigue non catastalmente fuse

Secondo la Suprema Corte, che si esprime in relazione alla previgente disciplina, il dato formale è irrilevante

Nella sentenza n. 8346, depositata ieri, la Corte di Cassazione ribadisce l’applicabilità dell’agevolazione prima casa in ipotesi di acquisto contemporaneo di abitazioni contigue, precisandone le condizioni.

La sentenza, pronunciata con riferimento ad una situazione cui era applicabile la disciplina previgente, fornisce lo spunto per valutare l’applicabilità del principio in essa sancito anche in relazione alla disciplina attualmente vigente.
Nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate aveva negato l’agevolazione prima casa in relazione all’acquisto di due abitazioni contigue, a causa del mancato perfezionamento della fusione catastale delle particelle su cui esse insistevano, entro il termine di decadenza dal potere di accertamento dell’Agenzia delle Entrate (pari a tre anni).

La Corte di Cassazione, in primo luogo, ricorda che, secondo un orientamento giurisprudenziale consolidato (Cass. n. 24986/2006) e come confermato dalla stessa Agenzia delle Entrate, da ultimo, nella circ. 29 maggio 2013 n. 18, l’agevolazione prima casa può trovare applicazione anche in ipotesi di acquisto di alloggi risultanti dalla riunione di più unità immobiliari, purché queste ultime siano destinate, dall’acquirente, nel loro insieme, a costituire un’unica unità abitativa.
Pertanto, secondo la Corte, non vi è dubbio sul fatto che anche l’acquisto contemporaneo di due appartamenti possa accedere al beneficio prima casa, purché l’immobile complessivamente considerato, soddisfi le condizioni oggettive di accesso all’agevolazione.

In particolare, facendo applicazione della disciplina previgente, secondo la quale l’accesso al beneficio era precluso agli immobili che fossero qualificabili “di lusso” ai sensi del DM 2 agosto 1969, la Corte afferma che l’acquisto di abitazioni contigue possa beneficiare dell’agevolazione prima casa purché l’unità abitativa risultante dall’insieme delle due non superi i “limiti” posti dal DM 2 agosto 1969 e non sia, quindi, qualificabile, nel suo complesso, come “di lusso”.
A tale riguardo – continua la Corte – è del tutto irrilevante il dato formale costituito dall’iscrizione catastale unitaria o separata dei locali che costituiscono l’abitazione, dovendosi dare rilievo esclusivamente alla destinazione assunta dall’intero immobile.

Pertanto, diversamente da quanto sostenuto dall’Ufficio, la fusione catastale delle due unità immobiliari acquistate non costituisce condizione necessaria per l’applicazione del beneficio e, quindi, non deve necessariamente avvenire entro il periodo triennale di decadenza dal potere di accertamento dell’ufficio.

La fusione non deve avvenire entro 3 anni

Condividendo le conclusioni cui è giunta la Corte di Cassazione nella sentenza in commento, non resta che domandarsi come il principio da essa enunciato sia applicabile all’attuale disciplina dell’agevolazione “prima casa”, che non fa più alcun riferimento alla qualifica dell’immobile come “non di lusso” e richiede, invece, che esso non sia classificato o classificabile in alcune specifiche categorie catastali.

È chiaro, infatti, che la vigente disciplina dà rilevanza al dato catastale, atteso che esso è divenuto il riferimento per delineare (quantomeno in “negativo”) il campo oggettivo di applicazione del beneficio, sia in materia di IVA che di imposta di registro. In particolare, l’agevolazione prima casa oggi può trovare applicazione, secondo la formula recata dall’art. 1 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/86, al trasferimento di “case di abitazione, ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9”.

Secondo l’Agenzia delle Entrate, ciò significa che solo gli immobili accatastati in A2, A3, A4, A5, A6, A7 e A11 possono accedere al beneficio.
Nello specifico, poi, nella circ. n. 2/2014 l’Agenzia applica tale condizione all’acquisto di abitazioni contigue, affermando che, “per poter fruire dell’agevolazione, l’immobile risultante dalla riunione delle unità immobiliari acquistate con le agevolazioni, dovrà essere accatastato, ricorrendone i presupposti, nelle categorie da A/2 ad A/7 che possono beneficiare dell’agevolazione, con esclusione, dunque delle categorie catastali A/1, A/8 e A/9”.
Questa indicazione sembrerebbe riattribuire in certi limiti rilevanza al “dato formale” che la sentenza in commento ha, invece, escluso per la previgente disciplina.

Tuttavia, si potrebbe ritenere che il riferimento al dato catastale debba essere interpretato come un riferimento alle unità abitative accatastate o “accatastabili” in categorie catastali diverse da A1, A8 o A9, sicché potrebbe accedere al beneficio anche l’acquisto contemporaneo di due immobili contigui, separatamente accatastati (al momento dell’atto), ma per i quali sarebbe possibile l’accatastamento unitario nelle categorie “ammesse”.