sabato 31 marzo 2007

CEI: NO ai DICO ma nessuna scomunica

Attesa, e prevista, è uscita la nota pastorale della Cei sui «Dico»; che può essere sintetizzata in tre aggettivi: inaccettabile e pericoloso il Ddl, e insuperabile la differenza uomo-donna. Nel documento di tre pagine vengono posti paletti rigidi ai politici cattolici, ma in toni sufficientemente morbidi da nascondere la durezza dei contenuti. Due sono i capoversi sostanziali della «Nota». «Riteniamo la legalizzazione delle unioni di fatto inaccettabile sul piano di principio - afferma il documento -, pericolosa sul piano sociale ed educativo. Quale che sia l'intenzione di chi propone questa scelta, l'effetto sarebbe inevitabilmente deleterio per la famiglia. Si toglierebbe, infatti, al patto matrimoniale la sua unicità, che sola giustifica i diritti che sono propri dei coniugi e che appartengono soltanto a loro. Del resto, la storia insegna che ogni legge crea mentalità e costume». E subito dopo: «Un problema ancor più grave sarebbe rappresentato dalla legalizzazione delle unioni di persone dello stesso sesso, perché, in questo caso, si negherebbe la differenza sessuale, che è insuperabile».Inaccettabile e pericoloso sono gli aggettivi che il neo-presidente della Cei aveva usato nella sua prolusione lunedì. Ai capoversi di condanna, i vescovi del Consiglio Permanente hanno fatto precedere un lungo prologo, per illustrare il valore della famiglia, per richiamare le parole della Costituzione su questo argomento e per difendere il loro diritto-dovere a parlarne. «Non abbiamo interessi politici da affermare», scrivono; «solo sentiamo il dovere di dare il nostro contributo al bene comune». E’ ribadito il concetto di una via diversa per risolvere le situazioni concrete di disagio: «Siamo però convinti che questo obiettivo sia perseguibile nell'ambito dei diritti individuali, senza ipotizzare una nuova figura giuridica che sarebbe alternativa al matrimonio e alla famiglia e produrrebbe più guasti di quelli che vorrebbe sanare».Sul ruolo dei politici i vescovi esprimono comprensione, e ribadiscono la fermezza. «Sarebbe quindi incoerente quel cristiano che sostenesse la legalizzazione delle unioni di fatto» è la prima affermazione chiave, seguita dal ricordo del «dovere morale» di votare contro ogni legge che riconosca le unioni omosessuali, e dall’avvertimento che su questi temi non ci si può appellare «al principio del pluralismo e dell'autonomia dei laici». Infine, un po’ di zucchero: «Comprendiamo la fatica e le tensioni sperimentate dai cattolici impegnati in politica in un contesto culturale come quello attuale, nel quale la visione autenticamente umana della persona è contestata in modo radicale. Ma è anche per questo che i cristiani sono chiamati a impegnarsi in politica».Prevedibile la tempesta di reazioni. Prima di presenziare a una messa officiata dal Segretario di Stato, il cardinale Bertone, Fausto Bertinotti ha detto che «il tema della laicità dello Stato è un valore fondativo delle nostre istituzioni». Certo, la Chiesa deve potersi esprimere, «ma resta fermo il dovere delle istituzioni a difendere la propria laicità che altrimenti farebbe aprire un vulnus dovendo ammettere che la Costituzione non esprime valori capaci di fondare su di essi la facoltà autonoma del legislatore divenendo elemento di fortissima delegittimazione». Il ministro Rosy Bindi ha risposto soddisfatta con una nota a quella dei vescovi («è un apporto a un clima di dialogo») difendendo il «suo» Ddl, che «non crea alcuna nuova figura giuridica alternativa... e non dà alcun rilievo a patti o accordi tra le persone conviventi, ma esclusivamente al fatto della convivenza stabile, proprio al fine di non istituire, neanche alla lontana, paralleli con la disciplina matrimoniale». Rosy Bindi rivendica l’autonomia dei credenti: «Con una coscienza limpida, il cattolico è chiamato a muoversi con discernimento di fronte alle sue responsabilità pubbliche