lunedì 29 luglio 2013

Durt documento unico regolarità tributaria

Il Durt (documento unico regolarità tributaria) sembra destinato ad avere vita breve. Introdotto in sede di conversione del Decreto Fare attraverso un emendamento approvato in commissione a firma di un esponente del M5S, è stato oggetto sin da subito di non poche polemiche, tanto che adesso il governo sembra voglia abolirlo in Senato.

Il Durt era nato per semplificare la disciplina della responsabilità solidale, prevedendo che l’autocertificazione del prestatore circa la corretta esecuzione degli adempimenti fiscali o la analoga dichiarazione da parte di un professionista abilitato o di un Caf venisse rimpiazzata da un documento (DURT), rilasciato dall’ufficio provinciale dell’Agenzia delle Entrate, comprovante l’inesistenza di debiti tributari per le imposte, sanzioni o interessi scaduti e non estinti del subappaltatore.

In questo modo l’appaltatore sarebbe tenuto a sospendere il pagamento del corrispettivo al subappaltatore fino all’acquisizione del Durt, pena la responsabilità in solido del versamento delle ritenute.

L’introduzione del DURT, però, al contrario della ratio della norma volta a semplificare la disciplina, ha suscitato notevoli malumori, in quanto ad avviso dei più, rischia al contrario di complicare ulteriormente i passaggi burocratici per le imprese e di trasformarsi in un elemento anticompetitivo. Le imprese infatti temono che in caso di ritardi nei versamenti delle ritenute a causa delle proprie difficoltà finanziaria, non potranno ricevere i pagamenti, con il rischio di fallire.

Tuttavia, sembra che l’allarme possa cessare, perché dal Governo arrivano rassicurazioni sull’intenzione di eliminarlo.

Il viceministro all’Economia Stefano Fassina, che in commissione aveva dato parere positivo per il governo, ha spiegato che la ratio della norma fosse quella di essere «di supporto alle imprese», ma visti i malumori, sono pronti a fermarsi e a discutere anche con le rappresentanze delle imprese e dei lavoratori.

Contro la norma si è alzato un coro di no sempre più numeroso in Parlamento. Anche lo stesso Beppe Grillo si è dissociato dall’emendamento presentato dal suo esponente della Camera.

La retromarcia sul Durt è stata assicurata anche dal ministro per la Pa e semplificazione Gianpiero D’Alia.

L’intervento appare praticamente scontato. Staremo a vedere.

Il testo del Decreto Fare approvato dalla Camera e trasmesso al Senato il 26 luglio scorso

 

 

 

Aldo Massimo Rossi

                                                              

Dottore Commercialista – Revisore Contabile

 

                     

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