venerdì 6 maggio 2016

Sponsorizzazioni, anche per l'IVA prova dell'inerenza

Per la Cassazione l’imposta è detraibile laddove i costi siano elementi costitutivi del prezzo dei beni o dei servizi venduti

Con la sentenza n. 5195/2016, la Cassazione si è pronunciata in merito ai criteri idonei a valutare l’inerenza all’attività d’impresa dei costi sostenuti da un soggetto passivo IVA per l’acquisto di servizi pubblicitari.
Affinché possa ritenersi detraibile l’IVA relativa alla fruizione di un servizio, in applicazione del principio di inerenza, deve sussistere un nesso diretto e immediato tra una specifica operazione “a monte” e una o più operazioni “a valle” (le quali conferiscano il diritto alla detrazione dell’imposta). In questo senso è assolutamente consolidata l’interpretazione della Corte di Giustizia Ue (tra le altre, si veda la sentenza SKF, relativa alla causa C-29/08 del 29 ottobre 2009).

A tal fine, l’immediatezza deve essere intesa in senso funzionale, per cui il requisito dell’inerenza può essere verificato con riferimento all’attività economica, al fine di propiziarne lo sviluppo (Corte di Giustizia Ue 22 ottobre 2015 causa C-126/14, Sveda), ritenendosi sussistente il “nesso diretto ed immediato” anche qualora i costi dei servizi siano ricompresi fra le spese generali del soggetto passivo.

Il caso specifico riguardava una società operante nel settore della produzione tessile, che acquistava servizi di pubblicità dalla controllante e affidava la commercializzazione dei propri prodotti a due società distributrici, anch’esse controllate dalla medesima capogruppo. L’Agenzia delle Entrate, in considerazione del fatto che le attività funzionali al collocamento dei beni sul mercato risultavano estranee all’oggetto dell’attività dell’impresa, consistente nella sola produzione dei beni, escludeva l’inerenza dei costi sostenuti per i servizi di pubblicità e disconosceva la detrazione dell’IVA assolta in relazione a tali costi ai sensi dell’art. 19 del DPR 633/72.

Fermo restando quanto già ricordato circa la necessità di un “nesso diretto e immediato” tra le operazioni “a monte” e le operazioni “a valle” ai fini della detrazione dell’IVA, si osserva che, nel caso di specie, il costo dei servizi pubblicitari veniva sostenuto dalla società produttrice non a suo diretto vantaggio, bensì a favore di un terzo detentore del marchio pubblicizzato.

Sulla scorta di quanto già affermato dalla Corte con riferimento ai costi di sponsorizzazione (Cass. 22 dicembre 2014 n. 27198), se lo sfruttamento del marchio altrui comporta un’utilità per un soggetto diverso dal detentore del marchio – utilità consistente nel potenziale incremento della sua attività commerciale – i relativi costi connessi all’utilizzo del marchio vanno considerati inerenti, ai fini fiscali, all’attività dell’impresa che ne beneficia. Almeno in linea teorica, può sussistere quindi, anche in tale ipotesi, una correlazione fra l’acquisto “a monte” e le operazioni “a valle”.

Fatte queste necessarie premesse, la Cassazione, nella sentenza n. 5195, giunge alla conclusione che, per valutare l’inerenza di un servizio di pubblicità acquistato da un soggetto passivo, ai fini della detraibilità dell’IVA, la condizione è che “i costi siano elementi costitutivi del prezzo dei beni o dei servizi che il soggetto passivo fornisce” e tale condizione deve essere rispettata dal soggetto che ha provveduto al “ribaltamento” dei costi.

Non sufficiente un nesso “teorico” di inerenza

In sostanza, secondo la Suprema Corte, non sarebbe sufficiente la realizzazione di un nesso di inerenza, per così dire, “teorico”. L’art. 168 della direttiva 2006/112/CE prevede che il diritto alla detrazione dell’imposta può essere esercitato dal soggetto passivo nella misura in cui i beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, sottintendendo l’esistenza di una correlazione piuttosto stringente. Come evidenziato da autorevole dottrina, il principio di potenzialità della detrazione, secondo il quale detto diritto è riconosciuto anche nell’ipotesi in cui i beni e servizi siano destinabili (e non soltanto destinati) alla realizzazione di operazioni imponibili, trova comunque un limite nel requisito di inerenza delle operazioni all’attività d’impresa.

In questo senso, la prova del nesso di inerenza (prova che spetta al soggetto passivo fornire) deve consistere nella dimostrazione che i costi sostenuti per gli acquisti effettuati “a monte” sono parte degli elementi costitutivi del prezzo delle operazioni attive assoggettate a imposta.
A tal proposito, però, sembra opportuno sottolineare che la particolare natura delle spese sostenute per pubblicità e sponsorizzazioni pone spesso di fronte al problema di provare la loro inerenza rispetto ad operazioni attive eseguite nell’ambito dell’attività d’impresa.

Oltretutto, ai fini IVA, non sarebbe sufficiente dimostrare che dette spese, sostenute per diffondere la conoscenza dell’impresa e dei suoi prodotti, siano funzionali a un “potenziale incremento” dell’attività commerciale (come sembra emergere dalla Cass. n. 27198/2014), occorrendo, altresì, dimostrare che il relativo costo è incorporato nel corrispettivo di operazioni specifiche effettuate “a valle” o nel prezzo dei beni e servizi forniti dal soggetto passivo nell’ambito delle sue attività economiche